Natura

Scopri la flora, la fauna e il sistema delle acque del Parco

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Flora


Quercia
Quercus robur

È la regina degli alberi, la specie che anticamente ricopriva con immense foreste la pianura padana. Si distingue per la sua maestosità e longevità ed è considerata simbolo di forza. Nell’800 nel Parco crescevano ben 98 varietà di querce. Oggi la farnia è la più diffusa, visibile lungo i viali e in alcune fasce boscate di particolare valenza ecologica.


Liriodendro o albero dei tulipani
Liriodendron tulipifera

Originario del Nord America e perfettamente ambientato nel Parco, è tra gli alberi più leggiadri e dal portamento slanciato. A maggio compaiono fiori che ricordano i tulipani, di colore giallo-verde, macchiati di arancione alla base. Le foglie dall’apice apparentemente mozzo, in autunno assumono una colorazione giallo-intensa spettacolare. Lungo viale Cavriga, nelle vicinanze del ponte, esiste il “Rondò dei Tulipiferi”.


Ciliegio selvatico
Prunus avium

Albero alto fino a 25 metri, cresce spontaneo nelle fasce boscate del Parco in compagnia di querce, carpini, frassini e aceri. È facile notare queste piante in primavera per la stupenda fioritura bianca, ben visibile tra il verde degli altri alberi. I loro frutti costituiscono un ghiotto nutrimento per le numerose specie che popolano il Parco.


Tiglio
Tilia cordata

È originario dell’Europa e del Caucaso, di notevoli dimensioni e molto longevo (250 anni). Camminando nel viale dei Tigli del Parco si possono ammirare numerosi esemplari secondo il disegno originale. In giugno si può avvertire il suo dolce profumo, penetrante e intenso dei suoi fiori. All’ombra di questi maestosi alberi cresce l’aglio orsino: da non perdere in primavera il magnifico colpo d’occhio che offre il tappeto bianco della fioritura.


Ginko Biloba
Ginkgo biloba

Questo “fossile vivente” di origini preistoriche proviene dalla Cina, dove forma boschi sacri intorno ai templi. Il Ginko è utilizzato come pianta ornamentale in parchi e viali delle metropoli. Nei Giardini della Villa se ne trovano alcuni magnifici esemplari che offrono il massimo della loro bellezza in autunno, quando le foglie, simili a piccoli ventagli, virano dal verde al giallo oro.


Sequoia
Sequoia sempervirens

È l’albero più alto esistente sulla Terra, originario del Nordamerica, dove supera i 100 metri d’altezza per 7-8 metri di diametro, mentre in Europa arriva sino a 40-50 metri. È una pianta che cresce molto lentamente ma che può vivere anche oltre i tremila anni. È stata portata in Europa nel 1840. Nei Giardini si possono ammirare in prossimità della Villa Reale.


Cedro del Libano
Cedrus libani

I cedri sono alberi sempreverdi di dimensioni maestose, alti 40-60 metri, con legno dalla resina aromatica, tronco massiccio e rami larghi. Nei Giardini Reali è presente un gigantesco esemplare che misura 7 metri di circonferenza, un vero “monumento naturale” per le sue dimensioni record che gli occhi non riescono ad abbracciare in un solo sguardo.


Corniolo
Cornus mas

È un alberello alto dai 2 ai 6 metri. I fiori precedono la fogliazione, sono gialli e molto piccoli. Con la loro fioritura precoce annunciano la primavera. I suoi frutti, le corniole, sono drupe color rosso vivo e compaiono sull’arbusto in autunno. Sono molto ricercate dalla fauna selvatica. Il legno si presta per realizzare oggetti di tornitura.


Evonimo o Berretta da Prete
Euonymus europaeus

È un arbusto molto diffuso nel sottobosco del Parco. È poco appariscente ma in autunno si mette in evidenza con fogliame rosso purpureo e frutti rosa brillante con quattro lobi che si aprono per rilasciare i semi arancioni. Il nome “berretta da prete” deriva dalla forma dei frutti. Il legno veniva usato per fare fusi, da cui il nome di fusaggine dato alla pianta.


Aglio orsino
Allium ursinum

È una pianta perenne dotata di bulbo dal quale crescono due foglie lanceolate con fiorellini bianchi a forma di stella che fioriscono in maggio coprendo il sottobosco e emanando un forte odore di aglio. Cresce in tutto il Parco. Fu introdotto nel periodo austriaco, anche come deterrente per allontanare gli insetti dannosi.


Bucaneve
Galanthus nivalis

Nel Parco alla fine dell’inverno si possono ammirare gruppi di questi fiori lungo le rive del Lambro presso il Mulino del Cantone e il ponte del Cavriga. Il nome nivalis fa riferimento alla sua precoce fioritura nella neve. E’ presente anche il campanellino (Leucojum vernum) titpico dell’ambiente alpino, da considerarsi come “relitto” di quel tipo di ambiente.

Fauna

Rana di Lataste
Rana latastei

Vive nel sottobosco e si reca in acqua per riprodursi, già dalla fine di gennaio. Occorrono circa tre mesi dall’uscita del girino alla metamorfosi, al termine della quale misura circa 1,5 cm. Può essere facile preda di uccelli e di mammiferi. La specie è inserita nella lista degli animali minacciati d’estinzione. Le rane del Parco sono una delle ultime specie rimaste nella provincia di Milano.

Volpe rossa
Vulpes vulpes

Si ciba di roditori ma non disdegna insetti, lombrichi, frutta, bacche, carogne e pesci. È prevalentemente un animale crepuscolare e notturno. Solo la femmina dominante si riproduce, dando alla luce in tarda primavera 4-5 piccoli che diventano attivi e svezzati dopo circa sei settimane. Nel Parco sono presenti pochi esemplari.

Picchio rosso maggiore
Dendrocopus major

Nel Parco la specie è particolarmente visibile nei mesi invernali sugli alberi spogli. Si ciba di insetti e larve, di nocciole e di bacche. Vola a sbalzi e con velocità notevole, scende di rado sul terreno. Il nido viene costruito dalla coppia scavando nei tronchi a circa una decina di metri d’altezza. La femmina depone 4-6 uova all’anno che vengono covate per circa 15 giorni. I piccoli lasciano il nido dopo 20 giorni.

Credito foto: Augusto Crippa

Fagiano
Phasianus colchicus

Un tempo allevati in appostiti edifici del Parco chiamati “Fagianaie”, questi volatili venivano liberati per consentirne la caccia. Nel Parco venne introdotta appositamente una lumaca in quanto cibo prediletto del volatile, ancora oggi visibile dopo le piogge. Originari dell’Asia, i fagiani raramente penetrano all’interno dei boschi perché hanno bisogno di vagare nei campi, nei prati e nelle pianure fertili.

Acque

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Fiume Lambro

Il fiume Lambro nasce nel cuore del Triangolo Lariano, dai monti del gruppo del San Primo appena sopra il Ghisallo, presso il Comune di Magreglio, e scorre per tutta la Brianza, attraversando il Parco di Monza e confluire più a valle nel Po. Il rapporto speciale con il fiume è evidente sin dalle prime mappe del Parco di Monza. A testimonianza dell’interesse paesaggistico, ma anche pratico per il fiume, sul Lambro, che scorre nel Parco per circa tre chilometri e mezzo, vi sono ancora oggi ponti e chiuse costruiti nei secoli passati. In effetti è collegato al Lambro tutto il complesso sistema delle acque del Parco. Oggi, attorno al fiume rimangono ampie fasce boscate in cui è diffuso soprattutto il platano, di cui si osservano anche esemplari monumentali e molto antichi. Inoltre sono presenti pioppo, salice bianco, ontano nero, frassino maggiore e tiglio, che durante la stagione autunnale riflettono le loro chiome colorate nelle sue acque.

Roggia Molinara e Roggia dei Mulini Asciutti

Attraversando il Parco oggi si riconoscono ancora i tracciati delle rogge create a questo scopo come la Roggia Molinara che da San Giorgio di Biassono raggiungeva i Mulini Crotti (o Mulini di San Giorgio) e poi proseguiva fino alla Fagianaia Reale, dove era in parte deviata nella Roggia della Pelucca, oppure quella dei Mulini Asciutti che correva a est del Lambro e, attraverso la Chiusa dei Bertoli, raggiungeva gli omonimi mulini. Altre rogge ormai scomparse erano la Roggia Gallarana, la Roggia Ghiringhella e la Roggia dei Frati che irrigava i campi del convento di Santa Maria delle Grazie. Le rogge irrigue non funzionavano in continuazione, ma per precisi periodi, scadenzati in giorni e ore per ogni roggia e per ogni campo da irrigare.

 

Roggia della Pelucca

Attorno al 1521, venne concesso al proprietario terriero Girolamo Rabia il permesso di prelevare acqua, per irrigare alcuni suoi poderi a sud di Monza, da due fontanili che ora risultano situati nell’area del Parco, e più precisamente dietro alla Fagianaia Reale, nei pressi dei Mulini San Giorgio. La roggia attraversava poi in direzione dell’attuale Mulino del Cantone e proseguiva verso il centro della città di Monza. Detta in origine “Rabia” o “Rabina”, poi “Roggia della Pelucca” dal nome di una cascina presso la quale terminava, è stata nel tempo utilizzata anche per alimentare numerose lavanderie e poi come canale per far defluire le acque di rifiuto di case private e di strutture del comune di Monza. Tra gli anni ’30 e ’50 del Novecento per una serie di cause fra cui la costruzione del campo da golf e l’abbassamento della falda freatica del territorio nord milanese, i fontanili smisero progressivamente di erogare acqua, per poi diventare del tutto inattivi alla fine degli anni ’60. Oggi nella roggia, recentemente pulita e consolidata, viene convogliata l’acqua della Roggia del Principe all’uscita dal Laghetto della Valle dei Sospiri.

Roggia del Principe

La Roggia del Principe venne creata per portare acqua ai giardini della Villa Reale, unica del sistema idrico del Parco non destinata all’irrigazione dei campi. Derivava le sue acque dal Lambro all’altezza di Sovico; dopo essere stata disattivata negli anni ’50 del XX secolo, oggi rimane attiva solo all’interno dei Giardini Reali, alimentata con acqua di falda proveniente da un pozzo della Cascina Bastia. Dopo aver formato il Laghetto, la Cascata e lo specchio d’acqua alla base del Belvedere, attraversa il prato retrostante la Villa ed esce dai confini dei Giardini Reali, formando il Laghetto della Valle dei Sospiri e terminando nella Roggia della Pelucca. Attorno a questo corso d’acqua si è sviluppata una notevole varietà di specie animali e vegetali.

 

 

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