«Quel cielo di Lombardia, così bello quand’è bello, così splendido, così in pace. Se Renzo si fosse trovato lì andando a spasso, certo avrebbe guardato in su». È un celebre passaggio di quel che per unanime consenso dei critici è considerato il più grande romanzo italiano, I promessi sposi. Le pagine in cui il protagonista in fuga da una Milano rivoltosa attraversa la campagna per raggiungere l’Adda e salvarsi oltre confine sono tra le più care ai lombardi. Suonano come un inno. E sono anche il manifesto di questo Grand Tour, che invita a scoprire o riscoprire le prospettive e gli angoli più belli di Lombardia a ritmo lento e appassionato, al pari di un viaggiatore più che di un turista.
Qualsiasi luogo non è soltanto una sequenza di strade, piazze, monumenti, edifici e giardini. È molto di più, è uno scrigno di tesori e notizie che la storia ha riempito senza sosta. È il risultato di molti segni e disegni lasciati dagli uomini e dalle donne che sono passati prima di noi. Ragione per cui serve a poco raccontare la vicenda del tal palazzo o del tal ponte senza la necessaria visione d’insieme. Nel viaggio che vi proponiamo si procede per accumulazione di episodi, personaggi e saperi. È il modo migliore per cogliere quegli speciali collegamenti che aiutano a comprendere i motivi per cui un certo posto è fatto così e alcune pietre sono lì piuttosto che altrove. In tempi di connessione veloce dovrebbe risultare semplice condividere la più elementare delle regole universali: ogni cosa è collegata a un’altra. Come in un contrappasso, però, vi invitiamo a girovagare con il passo comodo di un raffinato osservatore capace di estrarre la bellezza anche dove è celata e di ascoltare le storie in filigrana.
Ad alcuni l’idea di accostare Leonardo a Manzoni, per esempio, può suonare bizzarra. Invece è sufficiente mettersi in cammino con lo sguardo alto e il cuore aperto per accorgersi di quanto le vie tracciate da questi due grandi uomini s’incrocino in più punti dello scacchiere regionale.
Torniamo al cielo, al bel cielo, che non va inteso soltanto come un fenomeno fisico, ma piuttosto come l’eredità materiale e immateriale di questa regione.
E ora pensiamo a Leonardo da Vinci. Il rapporto di familiarità che il genio dei geni intrattiene con il paesaggio lombardo è suggerito da certi suoi disegni, ma anche dallo sfondo di alcuni dipinti. Non è necessario avventurarsi nell’incerta quanto affascinante rassomiglianza del tale particolare con un preciso scorcio. È sufficiente fermarsi all’etereo azzurrino che avvolge le quinte di capolavori assoluti, per esempio la Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l’agnellino (Louvre, Parigi) o La Madonna dei Fusi (Collezione privata, New York) e poi volgere lo sguardo verso le Prealpi lombarde. Impossibile non accorgersi del netto rinvio alle atmosfere di queste montagne.
Lo sfumato è uno dei tratti distintivi dell’opera pittorica di Leonardo, che rompe con l’uso della linea di contorno, diffuso fra i maestri che lo precedono. Attraverso una successione di finissime velature, probabilmente ottenute dall’artista spalmando il colore con il polpastrello delle dita o con pezzi di stoffa, si ottengono forme morbide e levigate: così le figure appaiono come avvolte da un sottile pulviscolo atmosferico, una specie di nebbia che tende a fondere i contorni con l’atmosfera circostante. I toni si fanno smorzati, i paesaggi si perdono in lontananza, i passaggi dal chiaro allo scuro diventano delicati. La bellezza, seppure evidente, si fa discreta.
Tale tecnica matura grazie all’osservazione diretta della realtà, che per Leonardo costituisce il presupposto di ogni disciplina alla quale si avvicina nel corso della sua esistenza. Osservando l’aria, nota che non è del tutto trasparente, bensì ha un colore tendente al celeste. Quando si frappone tra noi e l’oggetto che guardiamo, rende i contorni meno netti. E a mano a mano che gli elementi si allontanano, l’occhio fatica sempre più a distinguere i singoli elementi, che si perdono nell’orizzonte lontano e si fondono con il cielo. Muovendo da queste riflessioni prende piede la cosiddetta prospettiva aerea, un’autentica rivoluzione nella storia dell’arte. Nel Trattato della pittura, un volume ricavato dalle annotazioni dirette di Leonardo, ci sono alcune sezioni titolate “Delle ombrosità e chiarezze dei monti”, “Da chi nasce l’azzurro dell’aria” o “Del colore delle montagne”. Le riflessioni proposte sembrano scaturite proprio dopo avere osservato a lungo i rilievi lombardi avvolti nella luce azzurrina.