L’inespugnabile fortezza in cui vive e opera l’Innominato, il potente bandito a cui chiede aiuto Don Rodrigo, nelle pagine del romanzo è situata in un punto imprecisato lungo il confine tra il Milanese e il Bergamasco. Insomma è uno di quei luoghi manzoniani non facilmente identificabili. La figura dell’Innominato, invece, pare ispirata a un personaggio realmente esistito, Francesco Bernardino Visconti. Vissuto tra il Cinquecento e Il Seicento e passato alla storia per la sua vita turbolenta e malvagia, finisce per convertirsi di fronte al cardinale Federico Borromeo. Manzoni conferma tale identificazione in una lettera a Cesare Cantù, dove allude al feudatario di Brignano Ghiaradadda; il Visconti è proprio nativo di Brignano Gera d’Adda.
Questo continuo e abile rimescolamento di finzione e realtà è un tratto comune ad altri fatti e personaggi presenti ne “I promessi sposi”. L’identificazione tra la figura manzoniana e quella storica di Francesco Bernardino Visconti fa ritenere che il suo castello, o meglio i suoi resti, oggi restano in piedi un torrione e parte della cinta muraria, sia quello che sovrasta Vercurago. La cittadina può essere raggiunta da Pescarenico, la precedente tappa di questa parte del Grand Tour, ridiscendendo la pista ciclopedonale che costeggia l’Adda. Alcuni l’avranno già percorsa in direzione opposta, cioè verso Lecco, visitando i luoghi legati alla memoria di Leonardo da Vinci che insistono lungo le sponde del fiume da Vaprio d’Adda in poi. Poco distante da Pescarenico è Maggianico, altro luogo citato nel romanzo: è Agnese, la madre di Lucia, che «trotta a Maggianico» per farsi leggere la lettera di Renzo dal cugino Alessio, a cui affida anche la risposta. Si è raccomandata tanto Lucia, prima della nuova separazione: «Quando saprete dov’è, fategli scrivere, trovate un uomo… appunto vostro cugino Alesso, che è un uomo prudente e caritatevole e ci ha sempre voluto bene, e non ciarlerà». Maggianico è un luogo almeno, posto alle pendici del Magnodeno, un tempo frequentato dai signori milanesi. Il richiamo è esercitato da una fonte che garantisce cure. Qui pianta le tende anche un gruppo di artisti, facenti parte di quel fenomeno che va sotto il nome di scapigliatura lombarda: musicisti come Amilcare Ponchielli e Carlo Gomez, poeti e giornalisti come Antonio Ghislanzoni, violoncellisti come il Braga, pittori come il Bignami e il Fontana e altri ancora. Subito dopo Maggianico incontriamo Chiuso, altro luogo di manzoniana memoria, è il borgo dove si trovano la casa del sarto che ospita Lucia e Agnese perseguitate da Don Rodrigo e la chiesa di San Giovanni Battista, detta anche del Beato Serafino. La struttura architettonica di quest’ultima, a una sola navata, e la facciata a capanna ne rivelano le origini romaniche. Qui è sepolto don Serafino Morazzone, beatificato nel 2011: è il confessore di Alessandro Manzoni, citato espressamente nel “Fermo e Lucia”. E sempre a Chiuso, nella canonica, a poca distanza dalla Chiesa del Beato Serafino, avviene la conversione dell’Innominato al cospetto del cardinale Federico Borromeo. «Appena introdotto l’innominato, Federigo gli andò incontro, con un volto premuroso e sereno, e con le braccia aperte, come a una persona desiderata, e fece subito cenno al cappellano che uscisse: il quale ubbidì. I due rimasti stettero alquanto senza parlare, e diversamente sospesi. L’innominato, ch’era stato come portato lì per forza da una smania inesplicabile, piuttosto che condotto da un determinato disegno, ci stava anche come per forza, straziato da due passioni opposte, quel desiderio e quella speranza confusa di trovare un refrigerio al tormento interno, e dall’altra parte una stizza, una vergogna di venir lì come un pentito, come un sottomesso, come un miserabile, a confessarsi in colpa, a implorare un uomo: e non trovava parole, né quasi ne cercava. Però, alzando gli occhi in viso a quell’uomo, si sentiva sempre più penetrare da un sentimento di venerazione imperioso insieme e soave, che, aumentando la fiducia, mitigava il dispetto, e senza prender l’orgoglio di fronte, l’abbatteva, e, dirò così, gl’imponeva silenzio».
Ed eccoci finalmente a Vercurago. Non raggiungiamo il castello a cavallo, come usava fare l’Innominato, ma a piedi, salendo su per la collina di Somasca, che domina il ramo orientale del lago di Como e il corso dell’Adda verso la Brianza. Percorrendo la Via delle Cappelle, che conduce all’eremo di San Girolamo Emiliani, si sale fino alle rovine della rocca. Il posto in origine è occupato da una semplice torre di segnalazione. Una fortezza risulta però esserci già ai tempi del Barbarossa. Nel Trecento è proprietà dei Visconti, signori di Milano. Successivamente questa parte di territorio passa alla Repubblica di Venezia e Vercurago, come molti altri luoghi sull’Adda, diventa località di confine con il milanese, provvista di una dogana che è attiva fino alla caduta della Serenissima, nel 1797. La fortezza però è in gran parte smantellata già nel 1509 ad opera delle truppe francesi e la popolazione locale se ne serve in seguito per ricavarvi materiale da costruzione. Tale opera di spoliazione compromette pesantemente il complesso. Cosa resta oggi di visibile? Un arco che introduce all’area dell’ex castello, la cinta muraria, parte dei bastioni difensivi e alcune torri; gli spazi coperti e la cappella invece sono ricostruzioni successive, di cui parliamo più avanti. Dal posto si gode uno spettacolare panorama che si apre a nord verso il ramo orientale del lago di Como e, nelle belle giornate fino alle Alpi, di fronte il Monte Barro e a sud la valle dell’Adda e le boscose colline brianzole.
Anche la fortezza dell’Innominato è un luogo conteso. Qualcuno la identifica infatti con il Castello di Rossino, che si erge su un promontorio sovrastando l’omonimo borgo, frazione di Calolziocorte. Il complesso è di origine medievale, un tempo è appartenuto alla famiglia Benaglio, signori della Val San Martino. Passato successivamente alla casata dei Rota, diventa poi luogo di scambi commerciali; da qui passano lana, seta e altri materiali, quindi è il posto giusto per riscuotere le imposte. Delle sei torri originarie ne sopravvivono cinque, di cui una viene riadattata in epoca ottocentesca. Il Castello di Rossino oggi ospita matrimoni, eventi aziendali e privati.
Castello dell’Innominato
Via alla Basilica 1
Località Somasca, Vercurago
Castello di Rossino
Via Castello 4
Calolziocorte