087. Le incantevoli atmosfere di Pescarenico - Grand Tour nel cuore della Lombardia

Le incantevoli atmosfere di Pescarenico

C’è un luogo che più di ogni altro offre scorci dal sapore tipicamente manzoniano: Pescarenico. Lo scrittore ne fa il nome e ne offre un’accurata descrizione: «È Pescarenico una terricciola, sulla riva sinistra dell’Adda, o vogliam dire del lago, poco discosto dal ponte: un gruppetto di case, abitate la più parte da pescatori, e addobbate qua e là di tramagli e di reti tese ad asciugare». Il tempo in questo borgo sembra essersi fermato, al punto che alcuni angoli sembrano una finzione poetica: i vicoli ombrosi, le case annose, le piazzette silenziose e raccolte. Quel che lascia stupefatti è che tale atmosfera non è ricreata artificialmente per offrire un po’ di colore ai turisti, come spesso accade in altre parti d’Italia, bensì è autentica. Così come reali sono la Chiesa parrocchiale dei Santi Materno e Lucia e l’ex convento dei Cappuccini, quello al quale appartiene Fra Cristoforo, a cui è intitolata la piazza su cui s’affacciano gli edifici. «Il sole non era ancor tutto apparso sull’orizzonte, quando il padre Cristoforo uscì dal suo convento di Pescarenico, per salire alla casetta dov’era aspettato. (…) Il convento era situato (e la fabbrica ne sussiste tuttavia) al di fuori, e in faccia all’entrata della terra, con di mezzo la strada che da Lecco conduce a Bergamo».

La chiesa, costruita nel 1576 per volere del governatore spagnolo Hurtado de Mendoza, ospita i Cappuccini fino al 1810, anno in cui Napoleone Bonaparte decide la soppressione degli ordini religiosi. Nel corso degli anni è oggetto di rivisitazioni, per esempio la facciata è un progetto dell’architetto lecchese Giuseppe Bovara, che ha lasciato una forte impronta neoclassica in questi territori. L’interno a navata unica custodisce un notevole altare ligneo ed è impreziosito da una magnifica pala dipinta da Giovan Battista Crespi, detto il Cerano. Dell’antica struttura conventuale restano tracce nel cortile, il pozzo, il loggiato delle noci, le celle dei frati.

Per respirare a pieni polmoni l’aria manzoniana del rione è necessario visitare Piazza Era, il suo piccolo cuore, col suggestivo affaccio sul lago. Ecco apparire il paesaggio che ispira il Manzoni nel componimento del celebre Addio ai monti. È la parte conclusiva del capitolo ottavo. Fallito il matrimonio clandestino, scansato il rapimento di Lucia da parte dei bravi capitanati dal Griso, la giovane e Renzo, seguendo il piano di fra Cristoforo, scappano dal loro paese su una barca che salpa verso l’Adda. È rimasto il solo modo di sottrarsi ai malefici intenti di Don Rodrigo. Il brano dà voce al monologo interiore di Lucia che, seduta nel fondo dell’imbarcazione, osserva assorta il luogo natio allontanarsi, vinta dal timore di non potervi più fare ritorno. «Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime ineguali, note a chi è cresciuto tra voi, […]; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, […]; ville sparse e biancheggianti sul pendio, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! […] Di tal genere, se non tali appunto, erano i pensieri di Lucia, e poco diversi i pensieri degli altri due pellegrini, mentre la barca gli andava avvicinando alla riva destra dell’Adda».

 

Chiesa dei Santi Materno e Lucia

Piazza Fra Cristoforo

Pescarenico, Lecco