080. Quel che accade all’osteria di Gorgonzola - Grand Tour nel cuore della Lombardia

Quel che accade all’osteria di Gorgonzola

Continuiamo a seguire Renzo in fuga. «Cammina, cammina; trova cascine, trova villaggi, tira innanzi senza domandarne il nome; è certo d’allontanarsi da Milano, spera d’andar verso Bergamo; questo gli basta per ora […] Dopo aver camminato un pezzo, si può dire, alla ventura, vide che da sé non ne poteva uscire. Provava bensì una certa ripugnanza a metter fuori quella parola Bergamo, come se avesse un non so che di sospetto, di sfacciato; ma non si poteva far di meno. Risolvette dunque di rivolgersi, come aveva fatto in Milano, al primo viandante la cui fisonomia gli andasse a genio; e così fece». Il giovane a quel punto viene informato che è fuori strada e riceve il suggerimento di rimettersi su quella maestra. «Renzo lo ringraziò, fece le viste di far come gli era stato detto, prese in fatti da quella parte, con intenzione però d’avvicinarsi bensì a quella benedetta strada maestra, di non perderla di vista, di costeggiarla più che fosse possibile; ma senza mettervi piede». La strategia però non funziona e dopo tanto cammino si accorge di essersi allontano da Bergamo più di quanto non si è avvicinato. Escogita un altro ripiego: quello di domandare a qualcuno «con qualche astuzia, il nome di qualche paese vicino al confine, e al quale si potesse andare per istrade comunali: e domandando di quello, si farebbe insegnar la strada, senza seminar qua e là quella domanda di Bergamo, che gli pareva puzzar tanto di fuga, di sfratto, di criminale». D’un tratto vede «una casuccia solitaria, fuori d’un paesello. Da qualche tempo, sentiva anche crescere il bisogno di ristorar le sue forze; pensò che lì sarebbe il luogo di fare i due servizi in una volta; entrò. Non c’era che una vecchia, con la rocca al fianco, e col fuso in mano. Chiese un boccone; gli fu offerto un po’ di stracchino e del vin buono: accettò lo stracchino, del vino la ringraziò (gli era venuto in odio, per quello scherzo che gli aveva fatto la sera avanti); e si mise a sedere, pregando la donna che facesse presto. Questa, in un momento, ebbe messo in tavola; e subito dopo cominciò a tempestare il suo ospite di domande, e sul suo essere, e sui gran fatti di Milano: ché la voce n’era arrivata fin là. Renzo, non solo seppe schermirsi dalle domande, con molta disinvoltura; ma, approfittandosi della difficoltà medesima, fece servire al suo intento la curiosità della vecchia, che gli domandava dove fosse incamminato.

– Devo andare in molti luoghi, – rispose: – e, se trovo un ritaglio di tempo, vorrei anche passare un momento da quel paese, piuttosto grosso, sulla strada di Bergamo, vicino al confine, però nello stato di Milano… Come si chiama? – “Qualcheduno ce ne sarà”, pensava intanto tra sé.

– Gorgonzola, volete dire, – rispose la vecchia.

– Gorgonzola! – ripeté Renzo, quasi per mettersi meglio in mente la parola. – È molto lontano di qui? – riprese poi.

– Non lo so precisamente: saranno dieci, saranno dodici miglia. Se ci fosse qualcheduno de’ miei figliuoli, ve lo saprebbe dire.

– E credete che ci si possa andare per queste belle viottole, senza prender la strada maestra? dove c’è una polvere, una polvere! Tanto tempo che non piove!

– A me mi par di sì: potete domandare nel primo paese che troverete andando a diritta -. E glielo nominò.

– Va bene; – disse Renzo; s’alzò, prese un pezzo di pane che gli era avanzato della magra colazione, un pane ben diverso da quello che aveva trovato, il giorno avanti, appiè della croce di san Dionigi; pagò il conto, uscì, e prese a diritta. E, per non ve l’allungar più del bisogno, col nome di Gorgonzola in bocca, di paese in paese, ci arrivò, un’ora circa prima di sera».

Questo passo, riletto con malizia contemporanea, si configura come un efficace esempio di promozione territoriale. Manzoni ci fa sapere che tra le specialità dei posti che sta attraversando ci sono i formaggi: lo stracchino, che gli serve la vecchia, e il gorgonzola. Il motivo per cui nel descrivere il lungo e periglioso cammino di Renzo tra Milano e Bergamo Manzoni citi proprio Gorgonzola è variamente dibattuto. Le sue note biografiche tuttavia suggeriscono qualcosa. Lo scrittore conosce certamente il paese, perché lì vicino, a Gessate, c’è la casa di campagna dello zio Giulio Beccaria, fratello della madre Giulia, dove solo o in compagnia di moglie e figli ama recarsi spesso.

Soffermiamoci sull’impareggiabile gioco di parole: «col nome di Gorgonzola in bocca, di paese in paese, ci arrivò». Dovrebbe essere letto e riletto da quanti ancora oggi credono erroneamente che “I promessi sposi” sia un romanzo difficile e barboso.

Non sappiamo precisamente l’itinerario pensato dal Manzoni per far giungere Renzo fin qua, ma oggi viene quasi spontaneo pensare all’alzaia del naviglio della Martesana, lungo la quale si allunga anche il nostro Grand Tour alla ricerca delle tracce leonardesche. Di Gorgonzola ora non diciamo molto, proprio perché qualche riga gli è dedicata in altre parti del lavoro. Possiamo solo immaginare che il giovane attraversi una cittadina assai diversa dall’attuale, sebbene non si possa negare che in alcuni angoli il paese ancora oggi ricordi i canali veneziani, come per esempio nei pressi del pittoresco ponte coperto in legno, detto di Cadrigo, una sorta di ponte dei sospiri della Martesana, un tempo usato dai Serbelloni per raggiungere l’altra sponda, dove c’era l’approdo per le imbarcazioni. Adesso però ricordiamo cosa accade a Renzo una volta che arriva al borgo.

«Fatti alcuni passi in Gorgonzola, vide un’insegna, entrò; e all’oste, che gli venne incontro, chiese un boccone, e una mezzetta di vino: le miglia di più, e il tempo gli avevan fatto passare quell’odio così estremo e fanatico. – Vi prego di far presto, soggiunse: – perché ho bisogno di rimettermi subito in istrada -. E questo lo disse, non solo perché era vero, ma anche per paura che l’oste, immaginandosi che volesse dormir lì, non gli uscisse fuori a domandar del nome e del cognome, e donde veniva, e per che negozio… Alla larga!

L’oste rispose a Renzo, che sarebbe servito; e questo si mise a sedere in fondo della tavola, vicino all’uscio: il posto de’ vergognosi.

C’erano in quella stanza alcuni sfaccendati del paese, i quali, dopo aver discusse e commentate le gran notizie di Milano del giorno avanti, si struggevano di sapere un poco come fosse andata anche in quel giorno; tanto più che quelle prime eran più atte a stuzzicar la curiosità, che a soddisfarla: una sollevazione, né soggiogata né vittoriosa, sospesa più che terminata dalla notte; una cosa tronca, la fine d’un atto piuttosto che d’un dramma. Un di coloro si staccò dalla brigata, s’accostò al soprarrivato, e gli domandò se veniva da Milano.

– Io? – disse Renzo sorpreso, per prender tempo a rispondere.

– Voi, se la domanda è lecita.

Renzo, tentennando il capo, stringendo le labbra, e facendone uscire un suono inarticolato, disse: – Milano, da quel che ho sentito dire… non dev’essere un luogo da andarci in questi momenti, meno che per una gran necessità.

– Continua dunque anche oggi il fracasso? – domandò, con più istanza, il curioso.

– Bisognerebbe esser là, per saperlo, – disse Renzo.

– Ma voi, non venite da Milano?

– Vengo da Liscate, – rispose lesto il giovine, che intanto aveva pensata la sua risposta. Ne veniva in fatti, a rigor di termini, perché c’era passato; e il nome l’aveva saputo, a un certo punto della strada, da un viandante che gli aveva indicato quel paese come il primo che doveva attraversare, per arrivare a Gorgonzola.

– Oh! – disse l’amico; come se volesse dire: faresti meglio a venir da Milano, ma pazienza. – E a Liscate, – soggiunse, – non si sapeva niente di Milano?

– Potrebb’essere benissimo che qualcheduno là sapesse qualche cosa, – rispose il montanaro: – ma io non ho sentito dir nulla.

E queste parole le proferì in quella maniera particolare che par che voglia dire: ho finito. Il curioso ritornò al suo posto; e, un momento dopo, l’oste venne a mettere in tavola.

– Quanto c’è di qui all’Adda? – gli disse Renzo, mezzo tra’ denti, con un fare da addormentato, che gli abbiam visto qualche altra volta.

– All’Adda, per passare? – disse l’oste.

– Cioè… sì… all’Adda.

– Volete passare dal ponte di Cassano, o sulla chiatta di Canonica?

– Dove si sia… Domando così per curiosità.

– Eh, volevo dire, perché quelli sono i luoghi dove passano i galantuomini, la gente che può dar conto di sé.

– Va bene: e quanto c’è?

– Fate conto che, tanto a un luogo, come all’altro, poco più, poco meno, ci sarà sei miglia.

– Sei miglia! non credevo tanto, – disse Renzo. – E già, – e già, chi avesse bisogno di prendere una scorciatoia, ci saranno altri luoghi da poter passare?».

Renzo vorrebbe rivolgere altre domande all’oste, ma per timore che diventi troppo curioso sceglie di non insistere. Intanto nel locale entra un mercante che comincia a riferire dei tumulti milanesi, dell’assalto al forno di Cordusio e dell’arresto di chi ha capeggiato la rivolta. Renzo si spaventa, sa che si sta parlando di lui, però riesce a controllarsi e alla chetichella, saldato il conto, va dritto alla porta e ne va. «A guida della Provvidenza, s’incamminò dalla parte opposta a quella per cui era venuto».

 

Villa Beccaria Lattuada

Via Cittadella 7

Gessate

 

Ponte Coperto di Cadrigo

Alzaia Martesana

Gorgonzola

 

Parco Sola Cabiati

Via Del Parco

Gorgonzola