Anni fa, una lapide sull’ultimo palazzo di corso Venezia ricordava che Renzo è passato proprio da lì. Dopo la ristrutturazione dell’edificio è scomparsa. Tutta l’area che va dalla vecchia Porta Orientale, oggi Porta Venezia, in avanti è irriconoscibile rispetto a quella narrata nel romanzo. Per la verità già all’epoca in cui vive il Manzoni è profondamene cambiata. A fine Settecento, difatti, numerosi interventi urbanistici affidati a Giuseppe Piermarini trasformano radicalmente la fisionomia della zona. Si costruiscono strade adatte al passaggio delle carrozze, si coprono i fossati, si abbattono vecchie chiese, come quella abbaziale annessa al monastero delle Carcanine. La soppressione degli ordini monastici fa il resto. Anche il convento dei cappuccini di Porta Orientale scompare, trascinando con sé la fama che un tempo è stata grande anche per via della sua biblioteca arricchita da documenti giunti da tutta Europa; tra le sue mura si conservava un grande archivio storico dell’Ordine. Nel 1812 il posto del cenobio è occupato da un nuovo palazzo, oggi denominato Rocca-Saporiti. Già citato nel romanzo, è realizzato su un disegno di Giovanni Perego, scenografo del Teatro alla Scala. «Dove ora sorge quel bel palazzo, con quell’alto loggiato, c’era allora, e c’era ancora non son molt’anni, una piazzetta, e in fondo a quella la chiesa e il convento de’ cappuccini, con quattro grand’olmi davanti». Committente dell’edificio è Gaetano Belloni, gestore del ridotto della Scala, uno dei pochi luoghi milanesi dove è consentito il gioco d’azzardo. Ospite illustre di quei tavoli, ai primi dell’Ottocento, è anche il giovanissimo Alessandro Manzoni. Probabilmente il palazzo di Corso Venezia viene fatto costruire dal Belloni proprio per ospitare nuovi giochi d’azzardo. Dopo l’età napoleonica, però, tali pratiche vengono in gran parte vietate e Belloni si trova presto oberato dai debiti. Così è costretto ad alienare il palazzo. Nel 1818 viene venduto al marchese Marcello Giuseppe Saporiti di Genova, a cui rimane fino al 1840, anno della sua morte. Non avendo figli, nonostante tre matrimoni, nomina suo erede universale il pronipote Apollinare Rocca di Reggio Emilia. La proprietà da allora, pur passando da un ramo all’altro, resta nelle mani dei Rocca-Saporiti. La facciata dominata dalla grande loggia di ordine ionico, una delle più scenografiche di Milano, davanti alla quale sosta spesso ammirato Stendhal che soggiorna nel vicino Palazzo Bovara, così come gli eleganti e fastosi interni impreziositi da affreschi e stucchi fanno dimenticare l’austerità dell’antico convento dei cappuccini. Pur tuttavia la memoria di quel luogo essenziale e silenzioso è da tempo affidata a queste mura, o perlomeno ai terreni su cui poggiano.
Palazzo Rocca-Saporiti
Corso Venezia 40
Milano