063. Beccaria versus Manzoni - Grand Tour nel cuore della Lombardia

Beccaria versus Manzoni

Poche righe contenute nel contratto di matrimonio fra Pietro Manzoni e Giulia Beccaria ci raccontano molto della sofferta unione fra i due, che – così si legge – è conclusa per la «lodevole destrezza e mediazione di Sua Ecc. il Signor Conte Pietro Verri». Un matrimonio concordato, come se ne celebrano tanti all’epoca. Un matrimonio destinato all’infelicità a causa della distanza siderale di costumi e consuetudini diffusi tra le due famiglie. Don Pietro è rimasto vedovo della prima moglie e quando accetta di risposarsi con Giulia Beccaria ha quarantasei anni, lei venti. Come detto, però, non è tanto la differenza di età a minare l’intesa, ma piuttosto la diversità di educazione, spirito e carattere.

La famiglia di Pietro si stabilisce nel Cinquecento, secondo alcuni anche prima, a Barzio, dove raggiunge un certo grado di potenza, sono attivi nella filiera del ferro, e pure di prepotenza se è vero che pretende dalla servitù un riverito saluto perfino al proprio cane. Nel Seicento Giacomo Maria Manzoni, quadrisavolo di Alessandro, si trasferisce nella località lecchese del Caleotto, dove acquista un palazzo. Il 2 luglio 1736 nelle stanze di questo edificio viene alla luce Pietro Antonio Manzoni, figlio di Alessandro e di Maria Margherita Fermo Porro e padre ufficiale dello scrittore Alessandro Manzoni. È lui, insieme al fratello maggiore, monsignor Paolo, che nella seconda metà del Settecento avvia i restauri nella proprietà del Caleotto, lasciando inalterata solo la facciata verso il giardino, che mantiene i connotati di inizio secolo. I due attorno al 1772 si trasferiscono a Milano in una casa presso piazza della Canonica, l’attuale piazza Cavour.

Giulia è figlia di Cesare Beccaria, famoso autore dell’opera intitolata “Dei delitti e delle pene” (1764), giudicata una campagna contro le leggi e le tradizionali medievali che reggevano ancora la giustizia criminale del tempo. Cesare è a sua volta figlio del marchese Giovanni Saverio Beccaria e di Maria Visconti di Saliceto. A ventidue anni si innamora follemente della bellissima sedicenne De Blasco. Suo padre osteggia in tutti i modi il matrimonio, ma i due si sposano di nascosto. Pur avendo poco denaro a disposizione, perché il marchese Beccaria stringe i cordoni della borsa, la coppia vive in modo dispendioso. Dalla loro unione nasce appunto Giulia. Teresa muore giovane, lui si risposa tre mesi dopo con Anna dei Conti Barnaba Barbò. La figlia è perlopiù cresciuta dalla servitù e a dodici anni viene mandata al collegio annesso al convento di San Paolo, situato in Porta Romana, dove è quasi dimenticata. Tra i pochi a ricordarsi di lei c’è Pietro Verri, amico del padre, anche se i rapporti fra lui Cesare sono spesso burrascosi. Quando la giovane compie diciotto anni, Verri sollecita il Beccaria a riprendersela in casa. Tra i due, manco a dirlo, le cose si mettono subito male. Giulia è diventata una seducente donna dai capelli rossi e gli occhi verdi, desiderosa di conoscere le cose del mondo. Presto s’innamora di Giovanni Verri, «fratello minore di Pietro, cavaliere di Malta, uomo sfaccendato, elegante, dai tratti femminei», ci ragguaglia la Ginzburg. Di matrimonio fra i due, però, neanche a parlarne. Cesare Beccaria e Pietro Verri si accordano per trovare un buon partito a Giulia. I loro occhi cadono su Pietro Manzoni, che non è propriamente ricco, ma ha comunque una modesta sostanza. Giulia, smaniosa di andarsene da casa, accetta. Fin dal principio tuttavia l’unione è sofferta. La casa di via San Damiano, dove i coniugi vanno ad abitare, affacciata sulla cerchia interna dei navigli, pare agli occhi di lei triste, buia e umida, certamente meno elegante del palazzo dei Beccaria nel sestiere di Porta Comasina, oggi via Brera 6, e soprattutto della casa dei Verri, in contrada del Monte, ora via Monte Napoleone, che non smette di frequentare. Per di più insieme al marito Pietro vivono le sorelle nubili, una delle quali è una ex monaca, che all’istante provano antipatia per quella giovane brillante e dal carattere forte. Tre anni dopo il matrimonio, nasce Alessandro, così chiamato in memoria del padre di Pietro. Ma tra i due coniugi i contrasti diventano sempre più aspri. Pietro, si racconta, è calmo, raccolto, non molto socievole e poco incline alla mondanità. Giulia al contrario è vivace e coltiva con brio un’immensa voglia di vivere. In una lettera indirizzata a Pietro Verri, lei scrive un giorno: «Assolutamente non mi è possibile convivere in una famiglia tutta animata contro di me. Mio marito, animato da un sacro zelo, vuole a tutti i costi procurarmi il Paradiso a forza di patimenti qui in terra». Così – uno pacato, conservatore e clericale, spesso chiuso in casa, l’altra immersa nella vita di società, abituata, prima nella casa paterna, poi in quella dei Verri, a respirare idee nuove e aperte – si allontanano inevitabilmente. Da questo stato di cose nasce un’aria di scandalo attorno a casa Manzoni di cui si parla molto ai tempi e non si mette ancora tutt’oggi. Le chiacchiere che investono la nascita di Alessandro non aiutano la coppia, in ogni caso le posizioni fra i due sono già troppo distanti. Lui, a onore del vero, gioca un’ultima e disperata carta per trattenere a sé la moglie. Convince i fratelli a inoltrare un’istanza affinché la loro famiglia sia ammessa nel libro d’oro del patriziato, lei difatti lo disprezza anche per il fatto di non appartenere all’alta nobiltà. La domanda viene rigettata, ma quando arriva il rifiuto Giulia se n’è già andata. Nel 1792 il giudice accorda la separazione. Alessandro è affidato alla tutela del padre legittimo. Dall’anno prima è al Collegio San Bartolomeo dei Somaschi, a Merate. La madre prima di accompagnarlo in Brianza, lo ha portato a salutare il nonno, Cesare Beccaria. In quell’occasione il piccolo lo vede per la prima volta, non lo incontrerà mai più. Nel 1796 Giulia parte per Parigi con il suo nuovo amore, Carlo Imbonati. Ad attenderla c’è la bella casa di Place Vendome e una vita radiosa. Pietro resta a Milano, dove nel frattempo arrivano le truppe francesi capitanate da Napoleone. Affranto e solo, non gli resta che osservare malinconicamente la fine del suo matrimonio e di un intero mondo. Detesta quei soldati e ciò che rappresentano, comprende che ribalteranno lo stato di fatto in cui ha vissuto fino a quel momento. Lascia la casa di via San Damiano, piena di ricordi amari, per trasferirsi in contrada Santa Prassede, ora corso di Porta Vittoria. In realtà trascorre molto del suo tempo al Caleotto, dove a volte arriva anche il figlio. Un giorno Pietro riceve dal rettore del collegio dove il ragazzo è ospite una nota di biasimo: Alessandro si è tagliato il codino, tipica acconciatura maschile degli aristocratici del Settecento ma ormai diventata simbolo del vecchio potere reazionario, per manifestare la sua simpatia verso le nuove idee.