054. Sulla montagna pelata: tra grotte e mari antichi - Grand Tour nel cuore della Lombardia

Sulla montagna pelata: tra grotte e mari antichi

«La Grignia è più alta montagnia ch’abbin questi paesi ed è pelata». Alla regina incontrastata della Valsassina Leonardo dedica queste e altre parole. Sempre nel Codice Atlantico è conservato un altro prezioso ricordo vinciano della Valsassina. «E i magior sassi scoperti che si truovano in questi paesi sono le montagne di Mandello, visine alle montagnie di Leche e di Gravidonia. In verso Bellinzona a 30 miglia a Leco e quelle di valle Chiavenna; ma la magiore è quella di Mandello, la quale ha nella sua basa una busa di verso il lago, la quale va sotto 200 scalini e qui d’ogni tempo è diaccio e vento».

Le rocce di natura calcarea delle Grigne, sottoposte all’azione continua degli agenti atmosferici, da sempre permettono all’acqua di penetrare attraverso le fratture che si aprono nelle pareti, fino a formare grotte, archi naturali e “ghiacciaie”. Ma qual è tra le tante grotte presenti su queste montagne la “busa” di cui parla Leonardo? Per alcuni è la ghiacciaia del Moncòdeno, sul versante nord del Grignone, nell’alta Valle dei Mulini. Per altri è “la Ferrera”, detta anche Grotta del Rame o dell’Acqua Bianca, sopra la frazione di Rongio. A favore della prima c’è la presenza del ghiaccio, ma si trova sul versante che dà in Valsassina e quindi non «di verso il lago» e oltre i 1600 metri, cioè non alla «basa» della Grigna settentrionale. La grotta della Ferrera invece si apre a 590 metri, sotto le pareti del Sasso Cavallo e del Sasso dei Carbonari, dà «verso il lago» ed è raggiungibile grazie a una scalinata di sassi. Molti si sono domandati perché Leonardo descriva le «montagne di Mandello» come «i magior sassi scoperti che si truovano in questi paesi». Più grandi quindi non solo delle altre cime lecchesi, come di fatto è, ma pure di quelle sopra Gravedona e Chiavenna, la qual cosa non corrisponde al vero. È possibile che si tratti di un errore, del resto le misurazioni altimetriche sono ancora approssimative, oppure il maestro non si riferisce all’altezza, ma piuttosto alla dimensione della mole rocciosa. O, ancora, la frase suggerisce che sulla Grigna Leonardo sale per davvero e proprio per le fatiche dell’ascensione gli appare più alta e aspra delle vette circostanti.

In anni recenti, sotto la cima settentrionale che si affaccia sulla Valsassina sono stati rinvenuti i resti di specie diverse tra pesci, crostacei e stelle marine. Sulle rocce è impressa la memoria di una fauna risalente a oltre duecento milioni di anni fa, quando le montagne lecchesi somigliavano a spiagge tropicali. In realtà sin dai tempi di Antonio Stoppani qui sono stati ritrovati fossili che rinviano al Triassico. Tra di essi anche le tracce di uno dei primi Saurichthys mai segnalati. Non molto tempo fa è stato scoperto un altro esemplare del predatore preistorico, a sua volta dilaniato da un grande rettile.

Il primo a comprendere che la Terra non è un sistema statico e immutabile è proprio Leonardo. Da osservatore insaziabile qual è, osserva e annota ogni cosa e le montagne, che all’epoca sono perlopiù sconosciute e immerse in un mondo fitto di misteri, offrono infinite occasioni per i suoi studi. Dall’alto contempla le valli scavate dall’azione dei corsi d’acqua e nella sua mente geniale prende forma un ripensamento della storia terrestre. Osservando i fossili giunge alla conclusione che un tempo il mare si trovava dove ora c’è la terraferma. È fra gli insegnamenti più profondi che ci lascia: studiando i fenomeni della natura con metodo e rigore si possono spiegare gli accadimenti del passato e immaginare quelli futuri.