Ai tempi dei Visconti prima e degli Sforza dopo il Ducato di Milano riceve molte merci dalla Valsassina: legname, rame, argento e soprattutto ferro. L’estrazione, la fusione e la lavorazione di questo metallo sono indispensabili per la fabbricazione di attrezzi e utensili, ma soprattutto di armi e armature. Francesco Sforza prima e i suoi successori dopo decidono di incrementare la produzione. Si trovano nuove vene, si costruiscono altri forni e si trasportano a valle carri colmi di materiale grezzo, destinato alle officine degli armaioli. A quel punto il Ducato deve fare fronte a due necessità: proteggere il fondovalle, e per questo si alzano o si rafforzano castelli e torri a difesa del transito, e rendere più celeri ed economici i trasporti delle materie prime. La Valsassina in quel tempo è un corridoio privilegiato per raggiungere Lecco e Milano dalla Valtellina, la Val Chiavenna e i passi alpini: rocche e torri di avvistamento offrono protezione ai viandanti. Il castello di Baiedo, che sorge su una maestosa rupe tondeggiante, è il principale sbarramento di questo sistema difensivo. Non a caso riceve le attenzioni di Leonardo, che disegna uno studio dettagliato per ampliarlo. In realtà solo pochi anni più tardi, nel 1513, la fortezza è rasa al suolo. Altre testimonianze del complesso sistema posto a difesa del territorio sono la torre Arrigoni di Introbio e i resti di quella di Primaluna appartenuta alla nobile famiglia Della Torre.
«In Valsasina, infra Vimognie e Introbbio, a man destra entrando per la via di Leche si trova la Trosa fiume che cade da uno sasso altissimo, e cadendo entra sotto terra e li finisce il fiume». È un altro dei brani valsassinesi scritti dal maestro di proprio pugno. Il riferimento alla cascata Troggia è evidente. Il salto d’acqua metri è facilmente raggiungibile lungo un sentiero che parte dalla strada provinciale e risale il corso del torrente fino a raggiungere il punto di caduta dell’acqua. Lo spettacolo è notevole: il torrente, che proviene dal lago di Sasso sotto al Pizzo dei Tre Signori e attraversa tutta la Val Biandino, si esibisce con la sua fragorosa cascata alta circa cento metri a Introbio, prima di diventare un affluente del Pioverna e ruggire infine nelle gole dell’orrido di Bellano. Sul medesimo foglio del Codice Atlantico Leonardo aggiunge: «3 miglia più in là si trova li edifizi dela vena del rame e dello arzento, presso a una terra detta Pra sancto Pietro e vene di ferro e cose fantastiche». La zona mineraria di Prato San Pietro, nella Valle dei Mulini, è di particolare interesse perché, a parte una galleria ottocentesca, non è più stata utilizzata dall’epoca rinascimentale ed è quindi stato possibile osservarvi le tecniche estrattive del tempo. Un cospicuo giacimento di barite è stato invece rinvenuto nell’Ottocento nei boschi sopra Primaluna ed è stato coltivato per oltre un secolo e mezzo dando lavoro a centinaia di persone. Il periodo di maggiore attività risale alla prima metà del novecento, ma l’attività è continuata senza interruzione fino al 2012, quando il sito minerario viene definitivamente abbandonato. Grazie all’istituzione del Parco Minerario Cortabbio di Primaluna è ora possibile visitare le miniere: dall’imbocco a quota 552 metri, raggiungibile da una comoda strada comunale, si entra nelle viscere della Terra fino a incrociare il bianco filone mineralizzato di barite e a raggiungere la maestosa caverna da dove si è estratto il minerale negli ultimi trent’anni. Un percorso esterno guida invece i visitatori alla teleferica e ai vari imbocchi, fino a raggiungere le più antiche miniere dove ci si può affacciare sul profondo burrone lasciato dai primi scavi eseguiti a cielo aperto.
Parco Minerario Cortabbio Primaluna
miniere.valsassina.it