«Valsasina viene di verso la Italia; questa è quasi di simile forma e natura, nascievi assai mapello, ecci gran ruine e cadute d’acqua». Ecco la prima descrizione della Valsassina offertaci da Leonardo. Compare in un foglio del Codice Atlantico, lo stesso in cui sono annotati anche altri brani dedicati alla valle e ai suoi dintorni. Forse è ciò che resta di un quaderno in cui il maestro raccoglie notizie e impressioni sui luoghi e i paesi visitati durante le escursioni nell’alta Lombardia.
Quando Leonardo visita la Valsassina, oltre mezzo millennio fa, non esiste ancora una strada costiera. La via si sviluppa solo nell’entroterra, fra i monti, e scende sulla costa per sentieri accidentati. Anche oggi, lasciata Lecco, una lunga salita conduce a Ballabio. Da qui si può salire ai Piani dei Resinelli, grande sella adagiata ai piedi delle Grigne da cui si gode un panorama mozzafiato che spazia dalle Alpi Retiche fino al Monte Rosa; sotto invece baluginano il lago di Lecco e gli specchi d’acqua della Brianza, oltre si spande l’infinita pianura. Potrebbe essere questo il balcone da cui Leonardo ritrae i laghi briantei di Annone, Pusiano, Alserio e Segrino (Disegno laghi briantei Codice Atlantico 275 r.a. ). Di certo sono osservati dall’alto, quindi o dai Piani dei Resinelli o dal Monte Barro. Da questi specchi d’acqua il genio si figura di trarre ingenti quantitativi d’acqua da indirizzare verso il bacino dell’Adda per consentirne l’intera navigabilità. Con occhio acuto osserva e rileva attentamente l’idrografia della zona. «Il Lago di Pusiano versa in nel Lago di Segrino e d’Annone e di Sala. Il lago d’Annone ha 22 braccia più alta la pelle della sua acqua che la pelle dell’acqua del Lago di Lecco e 20 braccia è più alto il Lago di Pusiano che’l lago d’Annone le quali giunte colle braccia 22 dette, fan braccia 42, e questa è la maggiore altezza che abbia la pelle del Lago di Pusiano sopra la pelle del Lago di Lecco». Come è già stato ricordato, questa ipotesi che coinvolge anche il fiume Lambro non supera mai lo stadio del semplice rilievo. Per rendere navigabile il tratto dell’Adda interessato dalla rapide Leonardo alla fine escogita l’idea di un canale artificiale che si diparte dall’Adda in località Tre Corni.
La “valle nobilissima”, così la magnifica Galeazzo Maria Sforza, suscita stupore e meraviglia allora come oggi. Nonostante i cambiamenti che pure qui non sono mancati, appena ci si addentra fra le montagne abbaglianti sopravvive ancora l’impressione di entrare nella pace di un’età senza tempo. Qui tutto sembra naturale come una volta. Ci si guarda attorno e si respira aria buona, si sente voglia di avventure. Come quelle che hanno avuto per protagonista Riccardo Cassin, “l’uomo rupe”, mito dell’alpinismo universale che muove i primi passi proprio su queste cime e resta a vivere fino alla fine dei suoi giorni a Maggianico, un rione di Lecco.
Forse ai giorni nostri più di ogni altra cosa sorprende il rapido passaggio dalle atmosfere animate delle cittadine in riva al lago al silenzio che ammanta ogni cosa attorno alle vette. Il paesaggio si fa presto aspro e il solco vallivo si ritrova stretto fra il gruppo delle Grigne, a Ovest, e il Pizzo dei Tre Signori, a Est. Il fondovalle tuttavia è animato da borghi antichi e una campagna mai monotona. In Valsassina convivono due anime: una ferriera, l’altra casearia. La prima ha le sue roccaforti in Cortenova e Premana, l’altra ha eletto quale sua capitale Pasturo. Il paese conserva notevoli esempi di tipiche architetture a più logge sovrapposte volte a mezzogiorno, dove si seccano, almeno così è accaduto per tanto tempo, castagne, noci e grano saraceno. Pasturo è famosa anche perché eletta quale meta favorita di villeggiatura da Antonia Pozzi, poetessa scomparsa tragicamente a soli 26 anni, il 13 febbraio 1938, quando decide di porre fine alla sua breve vita suicidandosi nei pressi dell’Abbazia di Chiaravalle, alla periferia di Milano, la città dove è nata. In vita non pubblica nulla. Nel 1939, per volere del padre, che però manomette gli originali, sono date alla stampa gran parte delle sue poesie: la prima edizione di Parole di Antonia Pozzi viene tirata in 300 copie, distribuite fra un selezionato gruppo di amici. Nel 1943 Mondadori ripropone il volume, e poi di nuovo nel 1948 con una prefazione di Eugenio Montale: «Si può leggerlo come il diario di un’anima e si può leggerlo come un libro di poesia». La sua opera è a lungo dimenticata e una certa critica letteraria tratta per diversi anni Antonia Pozzi come una voce minore, addirittura trascurabile. Di parere opposto è appunto Eugenio Montale che ama i suoi versi. Da tempo la vicenda umana e letteraria della Pozzi è al centro di un rinnovato interesse e a lei sono dedicati libri, mostre e film. Nel 2012, in occasione del centenario dalla sua nascita, a Pasturo viene inaugurato l’itinerario culturale “Sulle tracce di Antonia Pozzi. Il percorso poetico di un territorio”. Si tratta un’esposizione permanente composta da parole e immagini: ventidue pannelli di varie dimensioni riportano una selezione accurata di poesie, passi di diario, stralci di lettere e foto scattate dalla stessa Pozzi o ad altre che la ritraggono nei suoi “momenti pasturesi”. Il percorso si snoda tra le vie del paese, nei luoghi amati cantati dalle sue “Parole”, a cominciare dalla casa di villeggiatura di famiglia, una villa settecentesca in via Manzoni, e dal cancelletto, al limite del grande giardino, dal quale la poetessa era solita uscire per inoltrarsi tra boschi e sentieri montani, fino a raggiungere la Grigna, cantata nel componimento “Bontà inesausta”. Alla montagna tanto amata riserva anche il suo ultimo pensiero, prima di volare ai campi elisi: «Desidero di essere sepolta a Pasturo, sotto un masso della Grigna, fra cespi di rododendro».
Il capoluogo turistico della valle invece è Barzio: qui silenzio e natura si offrono a chi desidera compiere passeggiate, nella stagione invernale, poi, entrano in funzione gli impianti dei Piani di Bobbio che servono numerose piste per discesa e fondo. Nella piana tra Barzio e Pasturo, denominata Prato-buscante, s’incontra il Museo “La Fornace”, gestito dalla Comunità Montana Valsassina Valvarrone Val d’Esino e Riviera. Come suggerisce il nome, è allestito all’interno di una vecchia fornace di laterizi risalente al 1890, conosciuta come Fornace Merlo, dal cognome della famiglia proprietaria, della quale è stato recuperato l’originario nucleo di cottura dell’argilla, rimasto in funzione fino ai primi anni Sessanta del Novecento. L’insediamento produttivo indica che vicino doveva esserci una cava di argilla, si trovava infatti lungo il Pioverna, vicina al Ponte dei Riva, dove il fondovalle si anima coi in primi dossi verso Barzio. Oggi è lambita dalla pista ciclopedonale, nel tratto a confine tra i comuni di Barzio e Pasturo. Il trasporto dell’argilla all’epoca è garantito dall’uso di secchielli, i “sidei” appesi al filo di una rudimenatle teleferica posta in prossimità della fornace. Il fabbricato, che di per sé già costituisce un rilevante pezzo di archeologica industriale, ospita numerosi allestimenti che invitano i visitatori a scoprire i tanti tesori presenti nella valle: antichi attrezzi, quali falci, coti, incudini, rastrelli, forche e gerle, documentano le attività produttive storiche e in buona parte scomparse, pannelli esplicativi e multimediali, riproduzioni di modelli in scala, campioni di rocce, minerali e reperti fossili, quali ammoniti, stelle marini e pesci preistorici e riproduzioni di Lariosauro, diorami della fauna, una xiloteca, laboratori didattici e molto altro ancora narrano gli aspetti naturalistici, storico-culturali e produttivi del territorio. Il Museo è articolato su due piani. Subito dopo l’ingresso è possibile approfondire la storia industriale della fornace, cioè dell’edificio che ospita il tutto; sempre al piano terra si susseguono le sezioni relative alle produzioni tipiche locali, naturalmente i formaggi ma anche salumi, funghi, pesci dei torrenti e del lago, l’olio DOP del lago, la polenta taragna e la patata bianca di Esino Lario, alle attività agricole, all’escursionismo, allo sci pionieristico, alla mineralogia, alla paleontologia e alla geomorfologia. Al piano superiore è possibile conoscere e ammirare la fauna e la vegetazione dell’ambiente lacustre e subalpino grazie a una vasta selezione di anfibi, rettili, uccelli e mammiferi. A fare da cornice a questa sezione c’è anche una xiloteca, ossia una raccolta di specie legnose selezionate tra quelle che crescono spontaneamente nei boschi del Parco delle Grigna Settentrionale.
La regina incontrastata della Valsassina è naturalmente lei, la Grigna: svelta, dritta, snella, sfida le nuvole delle quali ha quasi il colore, così la ricorda il naturalista e accademico lecchese Mario Cermenati, che del genio vinciano è stato studioso appassionato..
Museo “La Fornace”
Via Fornace Merlo 2
Barzio
valsassinacultura.it
Casa di Antonia Pozzi
Via Alessandro Manzoni 1
Pasturo
valsassinacultura.it