048. Un’altra ipotesi per il fondale della Vergine delle rocce - Grand Tour nel cuore della Lombardia

Un’altra ipotesi per il fondale della Vergine delle rocce

Della Vergine delle Rocce abbiamo già parlato. È uno dei capolavori assoluti di Leonardo da Vinci, fra i più ammirati, fra i più complessi, del quale esistono due versioni, entrambe attribuite al maestro, e molte copie ancora oggi presenti nelle chiese e nei musei milanesi. Incentrato sul mistero dell’immacolata concezione di Maria e sul suo ruolo nella redenzione del genere umano, l’opera è ancora da decifrare con precisione in tutti i suoi richiami biblici, teologici e simbolici. Un’opera «duplicata» dallo stesso maestro toscano, con significative varianti. Lo sfondo della Vergine delle Rocce, caratterizzato da un forte impatto naturalistico e dal paesaggio “geologico”, richiama, oltre ai Tre Corni, tra Paderno e Cornate, dove l’Adda scorre profondamente incassata tra due alte sponde rocciose, anche un’altra località lombarda: la grotta di Laorca, che s’incontra nella frazione di Laorca, sulle pendici del Monte San Martino, lungo il torrente Gerenzone. Non sono solo i caratteristici pinnacoli e la conformazione della roccia a ricordare il luogo, ma anche la vegetazione presente nell’opera. In particolare il Mapello (Aconitum Napellus), una pianta citata dal maestro negli scritti dedicati alla Valsassina, abbondante sulle alture lecchesi. Anche in botanica Leonardo è un precursore: compie importanti osservazioni e anticipa di secoli alcune scoperte. Il suo approccio alla conoscenza scientifica è visivo, coincide con l’approccio del pittore. Un secolo prima di Galileo e Bacone, da solo sviluppa un nuovo approccio empirico, coinvolgendo l’osservazione sistematica della natura, il ragionamento e la matematica, cioè le principali proprietà di quello che oggi si conosce come il metodo scientifico. Anche se con modestia si chiamava “homo senza lettere”, sa che sta conquistando un nuovo terreno destinato a cambiare per sempre la storia dell’umanità.