037. “Facciasi una concavità né Tre Corni”: la genesi del canale - Grand Tour nel cuore della Lombardia

“Facciasi una concavità né Tre Corni”: la genesi del canale

Avvicinandosi a Paderno, l’Adda all’improvviso s’incassa in una gola profonda. Le sue sponde assumono le sembianze di alte muraglie con rupi, speroni rocciosi, spaccature. È uno dei punti più belli e paurosi di tutto il corso fluviale.

Dopo la costruzione del Naviglio Grande, Milano è congiunta al Ticino e al lago Maggiore. Una volta completato il Naviglio della Martesana, iniziato quando Francesco Sforza è al suo apogeo e portato speditamente fino alle porte della città, anche l’Adda è raggiunta. Trasformare la capitale del Ducato in un grande porto è un sogno, ma non impossibile. Attraverso l’Adda sarebbe possibile navigare ininterrottamente fino al Lago di Como, in teoria. In realtà la navigazione è interrotta proprio dalle rapide di Paderno, impossibili da affrontare per qualsiasi tipo di imbarcazione. Per sciogliere la questione viene interpellato Leonardo da Vinci, che durante le sue esplorazioni lombarde compie indagini e studi alla ricerca di una soluzione. Inizialmente ne individua due: la prima prevede il collegamento attraverso il Lambro e i laghi brianzoli, ma questa ipotesi non supera mai lo stadio del semplice rilievo; la seconda, invece, propone di aggirare il tratto dell’Adda interessato dalla rapide.

Facciasi una concavità né Tre Corni dove si fermi il muro che chiude l’acqua”. Così scrive Leonardo (Codice Atlantico, f. 388 v. Milano, Biblioteca Ambrosiana) per illustrare la sua idea di come superare il tratto di fiume non navigabile compreso nello stupefacente scenario naturale della valle della Rocchetta. Il genio concepisce un’opera ardita: uno sbarramento da realizzare in prossimità dei Tre Corni, un canale scavato nella sponda bergamasca, una sola grande conca e uno sbocco in Adda, sempre in galleria, per portare le barche al di là delle rapide, laddove la navigazione può riprendere senza ostacoli. Schizzi e appunti del progetto appaiono nel foglio 141 del Codice Atlantico mentre un altro foglio, il 335, riporta un bel disegno planimetrico del tratto di fiume tra Brivio e la Martesana, con le disposizioni da adottare per superare le turbolenze fluviali.

La costruzione del Naviglio di Paderno però segue soluzioni differenti. Il primo progetto compiuto si deve all’ingegnere Benedetto Missaglia: prevede dieci conche dell’altezza media di 2,67 m, che in poco più di due chilometri e mezzo devono vincere un salto di circa ventiquattro metri. Il re di Francia Francesco I nel 1516 concede alla città i fondi necessari alla costruzione di un nuovo canale navigabile.  Il cantiere è avviato quattro anni dopo. Sotto al Sasso di San Michele viene realizzata una chiusa di derivazione, simile a un molo tirato obliquamente nell’Adda, che in seguito è chiamato lo Sperone dei Francesi. I lavori s’interrompono pochi anni più tardi con la fine della dominazione francese. Solo nell’ultima parte del Cinquecento l’dea di superare le rapide dell’Adda torna d’attualità. Si sceglie però di seguire un progetto differente, curato dall’architetto, ingegnere e pittore milanese Giuseppe Meda. A lui si deve l’idea di una grandiosa struttura di opere murarie, portoni e portine in legno, ponti e meccanismi vari, che partendo dalla chiusa di derivazione presso lo Sperone di San Michele consente di superare il dislivello delle rapide con un sostegno detto “castello d’acque” per via delle mole imponente, alto originariamente 17,82 metri, e con un castelletto di servizio alto 5,94 metri. L’opera però è resa complicata da ostacoli di ordine naturale, logorata da lungaggini burocratiche e funestata da avversità di ogni genere, compreso il dilagare della peste. Giuseppe Meda muore nel 1599 senza aver visto in funzione i suoi castelli d’acqua.  L’acqua introdotta nella prima tratta nel 1603 è tolta del tutto nel 1617 per l’impossibilità di sostenere il castello, l’incile viene ostruito, i cantieri smantellati e i materiali venduti. I lavori riprendono due secoli più tardi sotto la prima dominazione austriaca. Con regio dispaccio dell’imperatrice Maria Teresa nel 1773 viene approvato il progetto confezionato dalla società Nosetti e Fé. Questa volta i lavori procedono speditamente: nell’autunno del 1777 il naviglio di Paderno può dirsi finalmente ultimato. Il canale, lungo 2.600 metri, si diparte all’altezza del Sasso di San Michele. La chiusa di derivazione invece è realizzata poco più a monte dello Sperone dei francesi, in una sezione di fiume ampia. Per superare il dislivello sono costruite sei conche: il primo salto è detto conchetta per via della caduta di soli 3,39 metri; il secondo conca vecchia perché coincide con la prima conca del Meda debitamente adattata; il terzo conca delle fontane per la presenza di acque sorgive che scaturiscono da fessure nella roccia; il quarto, posto sotto la chiesetta della Rocchetta, conca grande perché corrispondente con il celebre Castello voluto dal Meda, ridotto però di circa un terzo; il quinto conca di mezzo e il sesto conca in Adda.

La mattina dell’11 ottobre 1777, giorno della solenne inaugurazione della navigazione, l’arciduca Ferdinando salpa dal porto di Brivio a bordo di “una barca ornata con vago padiglione a forma di trionfo” per percorrere il naviglio e l’Adda fino a Concesa, presso Trezzo, e dimostrare così, dinnanzi alla folla di popolo accorsa a godere dello spettacolo, la bontà dell’impresa di cui ha con tanta forza sostenuto la necessità. «Niente di più stupendo che questo passeggiare sulla costiera, larga pochi metri, che ad un margine vede il naviglio volger quieto le domite acque, all’altro l’Adda fragorosa, spumeggiante, azzurra caracollare in gorghi, rompersi in sprazzi, batter giganteschi macigni», così si scrive Cesare Cantù nella Grande Illustrazione del Lombardo-Veneto.

Tanto è lungo il periodo di gestazione del canale, quanto è repentino il suo abbandono. L’uso si rivela presto al di sotto delle attese, tuttavia il barcheggio prosegue lungo tutto l’Ottocento. Dai primi decenni del Novecento il graduale declino della navigazione diventa però inarrestabile: negli anni Trenta il naviglio perde la sua funzione primaria fino ad essere utilizzato esclusivamente per ragioni di servizio dell’impianto idroelettrico Angelo Bertini di Paderno, inaugurato nel settembre 1898. Questo nuovo impiego richiede alcune modifiche al sistema idraulico: il tratto iniziale del canale di alimentazione della centrale è ricavato ampliando da nove a tredici metri la sezione del naviglio fino alla conchetta, aumentando così la portata d’acqua. La chiusa di derivazione invece è realizzata adattando l’antica diga sommersa posta presso l’incile del naviglio in una traversa tipo Poirée a cavalletti mobili, ancor oggi in funzione. Infine, allo scopo di non compromettere la navigazione viene aggiunto, a valle della conca in Adda, un tratto di circa novecento metri, ora in stato di abbandono, comprendente la conca Edison, realizzata dall’omonima società, e un bacino per il livellamento delle acque, prima che il canale si ricongiunga all’Adda.

Oggi il Naviglio di Paderno sembra appartenere a spazi senza tempo. All’imbrunire, quando il silenzio si fa assoluto, l’impressione di essere immersi nella pace di un’altra età si rafforza ulteriormente. Tutto induce a sentirsi proiettati indietro nei secoli. Il lungo oblio ha generato un paesaggio dal fascino melanconico. Il canale, invaso da arbusti e sterpaglie, è privo d’acqua, eccetto quella sorgiva che spontaneamente scaturisce dalle fessurazioni nel fondo, originatesi in seguito all’assenza di una regolare manutenzione. Le conche, le porte oblique e i gradoni di caduta restano in ogni caso un superbo omaggio alle sbalorditive idee che si sono susseguite da Leonardo in avanti.

C’è un altro aspetto rilevante ed è il fatto che Leonardo, nel descrivere il modo di superare le rapide, mostra di conoscere la località Tre Corni, incassata nella valle della Rocchetta. E lo sfondo roccioso della Vergine delle Rocce sembra richiamare proprio le sporgenze rocciose che il maestro indica nei suoi studi idraulici sull’Adda.