147. Il regno della natura in città - Grand Tour nel cuore della Lombardia

Il regno della natura in città

Al principio dell’Ottocento, quando iniziano i lavori progettati da Luigi Canonica per l’ampliamento e il completamento del complesso di Villa Reale, buona parte del territorio oggi occupato dal Parco è coltivato. Piccoli relitti della selva di querce e carpini che un tempo ricopriva l’intera zona sono ancora presenti solo al Bosco Bello, che oggi coincide con la parte settentrionale dell’area verde. L’intervento del Canonica mira a creare ampie fasce boscate lungo il Lambro e in altre porzioni e a realizzare scenografici filari alberati lungo i viali principali. La specie maggiormente impiegata è la farnia, della quale oggi si possono osservare esemplari di grandi dimensioni. Ad essa si mescolano carpino bianco, acero campestree olmo. Per i filari si ricorre in particolare a tiglio, ippocastano, platano e bagolaro. Solo in seguito sono introdotte specie esotiche come la quercia rossa, il ciliegio tardivo e la robinia. Nel catasto del 1850 la superficie a bosco ammonta a 250 ettari sui 700 complessivi racchiusi dalla cinta muraria. Negli anni venti del Novecento, si opera una riduzione di tali superfici per realizzare l’autodromo e il campo da golf. Più o meno nello stesso periodo vengono abbandonati alcuni vivai nei pressi dell’ansa del fiume, che in seguito originano formazioni di conifere. Altri boschi di aghifoglie sono realizzati negli anni Cinquanta sulla collinetta di Vedano, con abete rosso, e nei pressi di cascina San fedele, con pino silvestre.

Oggigiorno al Parco di Monza si osservano cinque tipologie vegetazionali: il bosco, la formazione ripariale, il filare, il giardino, il prato. Nella prima la specie più diffusa resta ancora la farnia, che è la quercia tipica della pianura padana, quella che in associazione con il carpino bianco ha dato origine alle antiche foreste planiziali. Sono molto diffuse anche la robinia, che a dispetto di quanti molti credono non è tipica dei nostri luoghi, bensì è importata e inserita a scopo paesaggistico ma la diffusione importante e virulenta l’ha resa un elemento familiare, e la quercia rossa. Entrambe si sono spontaneizzate nel Parco e tendono a sottrarre spazio alle specie autoctone. Tra gli arbusti si annoverano biancospino, sambuco, evonimo, sanguinella, nocciolo, ligustro e rovo, quest’ultimo è particolarmente vigoroso e se non contenuto tende a rendere il sottobosco un intrico impenetrabile. Nelle aree più umide, quindi nelle vicinanze del Lambro, sono più diffusi platano, pioppo, salice bianco, ontano nero, frassino maggiore e tiglio selvatico. Caratterizza questi luoghi la copertura di Allium ursinum che nella stagione più calda viene sostituita da altre specie erbacee.

Per creare cannocchiali prospettici verso scenari incantevoli il Canonica e i suoi collaboratori fanno largo uso dei viali alberati, lungo i quali dispongono principalmente le specie già ricordate poco sopra. Per la tipologia dei giardini, invece, non ci si riferisce solo ai Giardini di Villa Reale, che costituiscono una storia a sé, ma anche a quelle aree composte principalmente da prato, con vegetazione arborea rada, quali i giardini dell’autodromo o della collina di Vedano e il golf. Ovviamente sono ben più preziosi quelli che coronano i diversi edifici del Parco, la fagianaia, Ville Mirabello e Mirabellino, cascina Frutteto, dove sono presenti assortimenti vegetali ricchi e anche esemplari di grandi dimensioni. Di pregio assoluto sono poi i Giardini di Villa Reale, dove spiccano autentici monumenti verdi. Qui allignano maestosi cedri e faggi, grandi magnolie, sequoie e ginko biloba. Tra i giganti verdi si segnalano due querce presenti nell’elenco degli alberi monumentali d’Italia, situate nei Giardini Reali, nel prato lievemente degradante, e sempre nel prato all’inglese uno esemplare di ginkgo, tipica essenza giapponese. Poco distante c’è una splendida sequoia americana, dal tronco rossiccio, mentre per ammirare il gigantesco cedro del Libano occorre seguire il vialetto che dall’angolo sud-est della Villa scende verso una zona ombreggiata costeggiando per un tratto il muro di cinta: i quattro tronchi che si alzano verso il cielo sono il simbolo di questo preziosissimo complesso botanico che annovera anche ippocastani, sequoie, cipressi calvi, liriodendri, platani e altre specie ancora.

Spettacolare infine è il roseto, che si incontra a lato del cortile d’onore, tra il Serrone e l’ala settentrionale della Villa. Realizzato nel 1964 per volontà di Niso Fumagalli, industriale e presidente dell’Associazione Italiana della Rosa, e inaugurata ufficialmente nel 1970 alla presenza della principessa Grace di Monaco, la collezione di rose antiche e nuove oggi comprende circa 400 varietà, tra cui la Bella di Monza, Rosa modoetientis. Di grande interesse è il Concorso Internazionale della Rosa che dal 1965 si svolge alla fine di maggio. Una peculiarità della gara monzese, introdotta fin dalla prima edizione, è il premio per la rosa più profumata. È lo stesso Niso Fumagalli a indicare tale scelta per favorire un risveglio nei confronti di questo particolare pregio che nelle rose moderne si tende invece a sottovalutare. L’intuizione si è rivelata vincente, tanto che ora più concorsi internazionali contemplano questo riconoscimento. Le rose che partecipano al concorso, proposte da coltivatori da tutto il mondo, sono messe a dimora per due anni nel roseto della Villa Reale e alla fine valutate da due giurie, una che segue le piante durante tutto il biennio e un’altra formata appositamente per la valutazione nella giornata conclusiva. L’amore per le rose a Monza vanta solide tradizioni, difatti i vivai presenti nei Giardini Reali fin dalla prima metà dell’Ottocento producevano varietà apprezzate in tutta Europa. Il roseto è aperto al pubblico gratuitamente tutto l’anno.

 

Roseto Niso Fumagalli

Villa Reale di Monza

Dal martedì alla domenica dalle 9 alle 20 

arosa.it