Prima della fillossera, un temibile insetto che sul finire dell’Ottocento guasta tutti i vigneti, per i milanesi la collina di Montevecchia è il “paese del vino”. Poi le viti si diradano, fin quasi a scomparire. Mario Soldati, che nella seconda metà del Novecento viaggia attraverso tutta l’Italia alla ricerca dei vini genuini viene anche in Brianza, a Montevecchia. Ecco il ricordo della sua visita nelle pagine di “Vino al vino”: «Viticolmente la posizione geografica di tutta la Brianza è quanto di meglio si possa desiderare. Si alza e si affaccia sulla pianura padana come un immenso spalto tra un ramo e l’altro del lago di Como. Alti monti la difendono dalle tramontane. Le brume e le nebbie, che salgono dalla pianura e dai laghi, la sfiorano fruttuosamente: è chiaro ormai che il vino più delicato e più squisito deriva sempre da uve maturate al limite estremo delle condizioni climatiche e geoponiche necessarie alla vite. Un tempo, al tempo del Porta, la Brianza dava un gran vino. Oggi basta guardarsi intorno nelle valli e sui dossi perché il cuore si stringa nello spettacolo dell’abbandono! Quante vigne divelte, quante invase dalla sterpaglia e quante da tempo scomparse e ora appena riconoscibili alle fila vanamente parallele di vecchi pali piegati. Milano, metropoli industriale, ignora di avere alle proprie porte questa miracolosa possibilità. Cerca, paga ed esalta i vini più lontani ed esteri. Non si rende conto che senza superare eccessive difficoltà, e ricavandoci uno straordinario profitto, anche finanziario, potrebbe reinventare o inventare il suo vino. Il “vino di Milano”: perché no?…».
Sono gli anni Settanta e forse quelle parole pronunciate da Soldati suonano la carica. Non tutto è perduto per sempre. Grazie alla determinazione di alcuni vignaioli si ricomincia a lavorare nei vigneti terrazzati. Le escursioni termiche a cui sono esposti custodiscono il segreto dell’intenso profumo che si riversa nei calici. Sui pendii assolati di Montevecchia e della Valle del Curone i filari disegnano ancora, proprio come un tempo, onde simmetriche.
Oggi un manipolo di produttori, riuniti nel consorzio Igt “Terre Lariane”, che riunisce le colline della Brianza intorno a Montevecchia e l’alto lago di Como, propone vini eleganti, freschi e sapidi. Da anni la loro qualità è in ascesa. La nobiltà dei vitigni, i metodi di coltivazione, le tecniche di vinificazione e di invecchiamento, l’esperienza e l’applicazione delle più moderne tecnologie concorrono a elevare il livello. Passione per il proprio mestiere, rispetto del territorio e adeguati sforzi economici fanno via via crescere gli ettari coltivati a vite. A coronare tanto impegno, sono arrivati i anche i riconoscimenti ufficiali. I viticoltori, però, con autentico spirito brianzolo non si adagiano sugli allori e continuano a migliorare i loro prodotti. I piacevoli vini da tavola, nati secoli fa per accompagnare i piatti e le specialità del territorio, si sono evoluti in prodotti di alto profilo grazie a una sapiente miscela di tradizione e modernizzazione. Andare per cantine a scoprire com’è cambiata la vecchia gloria del vino brianzolo è un’altra bella occasione per fare una bella passeggiata da queste parti. Tra l’altro ne ha guadagnato anche il paesaggio. La poesia dei filari è tornata a ingentilire i colli con una viticoltura sostenibile, attenta alla lotta integrata e a fare in modo che ogni lavorazione sia effettuata nel massimo rispetto dell’ambiente.