Le attività rurali nel Parco di Montevecchia e della Valle del Curone occupano circa un terzo dei territori. Si calcola che siano oltre cento le aziende agricole operanti su oltre novecento ettari. Oggigiorno non c’è più una coltura dominante, ma piuttosto una campagna varia e ricca. Sui terrazzi meridionali, grazie al microclima mite, oltre ai tradizionali vigneti si sono acclimatate bene coltivazioni di piante aromatiche-officinali. Da decenni dominano due specie: salvia e rosmarino. Ad esse si sono aggiunti piccoli impianti di erbe dimenticate, nei confronti delle quali si assiste però a un rinnovato interesse: coriandolo, dragoncello, erba cipollina, iperico, melissa, menta, santoreggia, timo
Negli ultimi anni si sono diffusi anche impianti specializzati di orticole sotto tunnel, quali insalate, fiori di zucca e erbette. Trovano spazio pure l’apicoltura, gli allevamenti ovi-caprini e la coltivazione di piccoli frutti e primizie. Nella parte pianeggiante si allevano bovini da latte.
Tra le tradizioni rurali ancora radicate spiccano i prodotti caseari freschi. I formaggini di Montevecchia sono una prelibatezza molto amata dai locali e dai visitatori. Una varietà è prodotta con latte vaccino intero, stagionato sott’olio perché acquisti un sapore piccante. Celebri sono i caprini. Anche per questi la tecnica di lavorazione non è cambiata. Al latte si aggiunge pochissimo caglio, poi si lascia fermentare naturalmente dalle 18 alle 24 ore. Quando sono molto freschi (entro 5, 6 giorni) hanno pasta bianchissima, aroma delicato e gradevolmente acidulo e sapore latteo. Con la stagionatura aumenta la complessità dei sapori ed è più evidente il tipico gusto di latte di capra.
Poi c’è la tradizione salumiera della Brianza, un’abilità che rinvia alle popolazioni galliche stanziatesi in questi territori molti secoli fa. Tramandata nel tempo e unita al clima favorevole – mitigato dalla presenza del lago e protetto a nord dalle Prealpi – è all’origine di un insaccato gustoso di puro suino, con aggiunta di sale, pepe in pezzi o macinato e in alcuni casi vino. Viene prodotto a grana fine e a grana grossa: al taglio, la fetta è omogenea, di colore rosso rubino uniforme, profumo delicato e gusto dolce. Oggi nella zona sono attive industrie salumiere che operano nel pieno rispetto della tradizione. Nel 1978, per volontà di alcuni produttori, è stato costituito il Consorzio del Salame Brianza, con lo scopo di tutelare e proteggere le caratteristiche e l’autenticità del prodotto; nel 1996 il salame Brianza ha ottenuto la certificazione e la registrazione del marchio DOP.
L’uccisione del maiale è a lungo un rito in cascina: spettacolo cruento da un lato, festa condivisa dall’altro. Di questo animale non si scarta niente, proprio per questo è diventato l’alimento simbolo della cultura contadina, saggia e parsimoniosa. Sfruttando ogni singola parte si ottengono salami, salsicce, mortadelle di fegato, lardo e strutto da conservare tutto l’anno. La cassoeula è il piatto più famoso della gastronomia brianzola, preparata proprio con alcuni dei tagli suini meno pregiati – come cotenne, piedino, orecchio – luganega e salamin de verz, il tutto unito alle verze. Con la carne di maiale si preparano anche la rusticiada, le polpette di verze e gli uccelli scappati, gustosi involtini di carne avvolti nella pancetta, profumati dalla salvia e rosolati nel burro. Piatto tipico di Montevecchia è il risotto, cucinato in differenti varietà: al rosmarino, mantecato ai formaggini, con la luganega, allo zafferano. Molti di questi piatti sono da sempre accompagnati dalla polenta, che fino agli inizi del Novecento costituisce l’alimento più diffuso sulla tavola locale ed è consumata in vari modi. Oggi l’offerta gastronomica è ricca e articolata. Si passa da rustiche trattorie ad eleganti ristoranti in cui si sposano tradizione e ricerca. Ma anche nei locali più ricercati non manca mai qualche richiamo alla cultura gastronomica e ai prodotti tipici, quelli per cui è più forte il legame con i terrazzamenti, con i muri in pietra a secco che li sostengono e con tutti gli altri elementi che sono parte funzionale e integrante delle attività agricole. Perché per sapere dove si va, bisogna conoscere da dove si viene