Marco d’Oggiono nasce fra il 1465 e il 1470, con ogni probabilità a Milano, sebbene la sua famiglia, come indica il nome, sia originaria di Oggiono. Il padre, Cristoforo, di professione orafo, vive e lavora da qualche tempo nella capitale del Ducato; la madre è Elisabetta de Clivate. L’infanzia di Marco è piuttosto agiata. Le cronache raccontano che apre una propria bottega quand’è ancora giovanissimo e prende quasi subito con sé anche qualche aiutante. Per fare tutto questo deve dare prova molto presto delle sue capacità. Quasi certamente può contare anche sull’aiuto, almeno finanziario, del padre. Forse è proprio Cristoforo che a un certo punto lo invita a studiare e approfondire la pittura presso un qualificato maestro. Quel che sappiamo per certo è che Marco d’Oggiono appartiene alla schiera eletta di quei pochi allievi che hanno la fortuna di lavorare nella prima bottega milanese di Leonardo. Quella, per intenderci, dove è possibile assistere alla creazione della Vergine delle Rocce, della Dama con l’Ermellino e della Belle Ferronnière. Marco è lì e impara. La sua presenza è confermata da una nota di Leonardo, una delle tante con cui sono tramandate ai posteri le mascalzonate di Gian Giacomo Caprotti, detto il Salaì. Se non fosse stato per il furto di una punta d’argento, anzi due, non avremmo mai saputo che alla data del 1490 nell’atelier di Leonardo si esercitano Marco d’Oggiono e Giovanni Antonio Boltraffio. Sono loro i proprietari di quei graffi che fanno tanta gola al Salaì. Niente più di strumenti del mestiere, indispensabili però per eseguire quei disegni a cui il Maestro tiene tanto e che considera necessari per impadronirsi della migliore tecnica. I due, Marco d’Oggiono e Giovanni Antonio Boltraffio, forse partecipano all’esecuzione della Madonna Litta dell’Ermitage, un dipinto carico di enigmi, a lungo attribuito a Leonardo. Già alla fine del Quattrocento Marco sembra affrancato definitivamente dalla bottega di Corte Vecchia. Svolge un’attività indipendente, accetta commesse in proprio e collabora con pittori che non hanno alcun legame col vecchio Maestro, del quale però non scorda gli insegnamenti. Anzi è proprio lui a lavorare più di ogni altro discepolo sui modelli leonardeschi. Esemplare in tal senso sono le riduzioni di alcuni capolavori, dal Cenacolo alla Vergine delle rocce della quale, in una tavola del Castello Sforzesco, riproduce uno stato di elaborazione intermedio della prima versione, quella esposta al Louvre di Parigi. Il retro della tavola è decorato con eleganti grottesche e riporta la firma del pittore in greco. L’opera è dedicata a un anonimo Giulio, che alcuni studiosi identificano con Giuliano della Rovere, ipotesi avvalorata dal fatto che Marco intrattiene davvero rapporti con il futuro pontefice. Una prima copia del Cenacolo gli viene invece commissionata nel 1506 da Gabriel Goffier, preposto al monastero di Santo Spirito di Milano. Secondo le indicazioni della committenza, la versione deve assomigliare all’originale in ogni suo aspetto, salvo che per una sorta di telaio trompe-l’oeil con cui s’intende coronarla: un fregio d’oro su fondo azzurro ornato da quattordici medaglioni con profeti e sibille. Tale versione è persa. Quella giunta fino a noi, proprietà del Louvre, ma in prestito al Château d’Ecouen, è particolarmente apprezzata dalla critica.
Lo stile dell’artista fino a buona parte del primo decennio del Cinquecento resta fortemente influenzato dalla produzione di Leonardo. Anche in seguito fa spesso ricorso a motivi vinciani, ma i suoi lavori sono toccati a poco a poco da altre influenze. Intanto la posizione sociale e professionale di Marco d’Oggiono si consolida. A capo di una stimata bottega, viene chiamato per commissioni di alto prestigio e di ragguardevoli compensi. Il San Giovanni Battista e un donatore in Santa Maria delle Grazie a Milano, dove nella figura del benefattore sembra scorgersi quel Gaspare da Vimercate a cui si deve la fondazione del santuario, mostra sul fondale un paesaggio abbastanza vicino alla produzione del Maestro. Considerazioni simili possono essere svolte anche di fronte al Polittico Crespi, venduto al Louvre agli inizi del Novecento e ora in deposito al Musée des Baeux-Arts di Blois, dove per la Madonna con Bambino attorniata da angeli musicanti, santi e musicanti il d’Oggiono sembra decisamente ispirarsi al modello della Vergine delle rocce. Si scorge la sua cifra stilistica nell’espressione dolce ma alquanto malinconica dei volti, negli occhi affinati e nelle labbra sottili e chiuse, nei lunghi capelli delle donne e degli angeli spartiti al centro della fronte, nel modo di cadere dei panneggi. Ci sono opere che emergono per la raffinatezza dell’esecuzione e fra queste va annoverata la Madonna col Bambino, san Giovanni e san Giovanni Battista custodita alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano. Eccellente, e forse coeva alla precedente, è la Madonna col Bambino e san Giovannino, cosiddetta Madonna del lago, di proprietà della Bob Jones University di Greenville, nella Carolina del Sud. All’incirca dello stesso periodo sono anche i Tre arcangeli della Pinacoteca di Brera a Milano. Marco si avvicina alla vecchiaia indaffarato, le sue opere sono richieste da molti. Tipiche della produzione matura sono la Natività con Santa Elisabetta, san Zaccaria e san Giovannino del Louvre, dove le figure della Vergine e di San Giuseppe ricordano quelle di un’altra tavola del nostro, la Sacra famiglia in collezione privata milanese. Sempre del periodo ultimo sono anche il bel mezzobusto Madonna col Bambino nella Pinacoteca di Brera che presenta numerosi dettagli di alta qualità, soprattutto nel fine e caldo sfumato dei volti, e la pala d’altare della Madonna con Bambino e i Santi Giovanni Battista, Eufemia, Senatore, Caterina di Alessandria e tre angeli musicanti nella chiesa di Santa Eufemia di Milano. La più che trentennale carriera si chiude con l’esecuzione di un polittico di grandi dimensioni per la chiesa parrocchiale Santa Eufemia di Oggiono, la cosiddetta Assunzione della Vergine, gli apostoli e i santi Ambrogio, Apollonia, Bernardino da Siena, Francesco d’Assisi, Sebastiano e Rocco in cui si rinvengono molti elementi del repertorio dell’artista, e la pala d’altare denominata Madonna col Bambino e i santi Bernardino da Siena, Francesco e Girolamo ora nella Quadreria Arcivescovile di Milano. È l’ultimo sforzo, Marco d’Oggiono muore di peste nel 1524.
I suoi lavori fin dal principio diventano un centro di propagazione dei modelli leonardeschi e dopo mezzo millennio seguitano a impreziosire i musei e le collezioni private di mezzo mondo.
La città a cui lega il suo nome, Oggiono appunto, di recente ha promosso il MUD, Museo Urbano Diffuso che si avvale di tre percorsi museali all’aperto, uno dei quali dedicati a Marco. Gli altri due rievocano le figure degli Annoni, mercanti d’arte ad Annone di Brianza, e dei Negroni, armaioli ad Ello. Camminando per le vie della città è possibile osservare alcune riproduzioni dei principali quadri di Marco d’Oggiono. Attraverso un percorso circolare sono riassunti la vita del pittore e il suo legame con Leonardo da Vinci. Il tutto unito alla possibilità di vedere anche opere dal vivo a lui attribuite, come quelle contenute presso la chiesa parrocchiale di Sant’Eufemia.
Marco d’Oggiono, che già nel nome evoca profili di colline e romantici laghetti, è una figura amata da Carlo Emilio Gadda che al suo riguardo scrive: «la ruvidità paesana e pur delicata di taluni più felici momenti dell’Oggiono t’investe come un’aura serena».
Chiesa parrocchiale Santa Eufemia
Piazza della Chiesa 1
Oggiono
comune.oggiono.lc.it
Pinacoteca Castello Sforzesco
Piazza Castello
Da martedì a domenica 10-16.30
pinacoteca.milanocastello.it
Pinacoteca di Brera
Via Brera 28
Da martedì a domenica 8.30-19.15
pinacotecabrera.org
Pinacoteca Ambrosiana
Piazza Pio XI 2
Da martedì a domenica 10-18
ambrosiana.it
Chiesa di Santa Maria delle Grazie
Piazza Santa Maria delle Grazie 2
Milano