Di Lecco, delle sue strade, le sue piazze, le sue chiese e i suoi palazzi si parla già in altre parti del Grand Tour, mentre siamo impegnati a risalire da sud a nord della Lombardia le tracce leonardesche. Qui invece diamo atto del profondo legame fra la città lacustre e le montagne che le fanno da sfondo e del sensazionale paesaggio che permette ai villeggianti di passare nel giro di pochi minuti dal surf e dalla barca a vela a gite escursionistiche e scalate.
Tra lago e monti si fanno nuovamente i conti con il Manzoni. Se le prime parole de I promessi sposi sono per il lago – «Quel ramo…» con cui si apre il romanzo – subito dopo si passa al secondo elemento che caratterizza il territorio: i monti. Di famiglia valsassinese e quindi montanara, Manzoni sente «il domestico di quelle falde» che «tempera gradevolmente il selvaggio». Nella pagina dell’Addio ai monti Manzoni si rivolge alle «cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari». Cime care anche all’abate Antonio Stoppani, al geologo Mario Cermenati e che, prima ancora suscitano l’ammirazione di Leonardo da Vinci: «cose fantastiche» dice di aver trovato girando per la Valsassina. Sono le montagne sulle quali si sono alimentate le tradizioni e le glorie alpinistiche dei lecchesi. La Grigna quale palestra di roccia, opportunamente attrezzata, non smette ancora oggi di esercitare un forte richiamo di carattere internazionale. E come dimenticare che su queste rocce si è formata una leggenda dell’alpinismo mondiale, Riccardo Cassin, l’uomo rupe, secondo una suggestiva immagine dell’amico Fosco Maraini, scomparso nel 2009, alla veneranda età di cento anni, nella sua casa di Maggianico.
E come è possibile non ricordare il Resegone, gigantesco bastione merlato, sincera icona della Lombardia. «La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto di san Martino, l’altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega: talché non è chi, al primo vederlo, purché sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune». Il punto migliore per osservare questa splendida creatura minerale e apprezzarne il ritmo perfetto, quel suo salire e scendere tra terra e cielo, è San Tommaso, a monte di Valmadrera. Ma pure dalla Brianza e più lontano, compresa Milano, l’aspetto armonico e maestoso del Resegone si svela agli occhi dell’osservatore. In certi giorni d’inverno lo scorcio è magico. Ecco come Gianni Brera descrive la cresta dentata: «si aderge come il dorso nodoso d’un drago: la roccia azzurrina è striata da immense pareti di neve: il momento è fuggevole come un dolce sospiro di donna: d’improvviso tutto il monte si accende di tenui luminescenze rosa».
Il rilievo principale si sviluppa da nord a sud lungo una dorsale che definisce con chiarezza il versante lecchese e quello bergamasco. Sono in tutto tredici le cime, comprese la più alta, Punta Cermenati, 1875 metri, e Punta Manzoni, 1801 metri, che ovviamente non poteva mancare. L’intero gruppo montuoso si allunga verso sud fino al Passo del Pertüs e a nord oltre la Forcella di Olino. Le altre cime principali sono il Monte Due Mani, separato dal profondo solco della Val Boazzo, il Pizzo d’Erna, addossato al Resegone vero e proprio, e il Magnodeno, che si alza alle spalle di Maggianico. Più giovane delle vicine Grigne, il gruppo è formato principalmente da Dolomia Principale, ad eccezione del Pizzo d’Erna, dove domina il Calcare di Esino, proprio come sulla Grignetta e sul Grignone.
L’altro monte citato dal Manzoni è il san Martino, particolarmente caro ai lecchesi anche per la vicinanza dei sentieri che lo risalgono; praticamente partono dalla città, nella zona di viale Turati e nella frazione di Rancio. Da sempre sono percorsi anche per semplici uscite serali, dopo il lavoro, soprattutto nei mesi estivi. La montagna che fa da sfondo a Lecco è parte del gruppo Coltignone – San Martino – Medale. Quest’ultimo ha una fama internazionale per la sua storia alpinistica. La vetta è raggiungibile in arrampicata tramite una ferrata, ma anche con un sentiero più semplice, eccezionale la vista che si gode ai piedi della croce. Il Coltignone può essere raggiunto con il facile sentiero del Parco Valentino dal versante che dà sui Piani dei Resinelli, mentre quello meridionale offre itinerari di salita apprezzati da escursionisti più esigenti e allenati.
Torniamo ora al Resegone e al Manzoni per parlare ancora di pietre, questa volta però di quelle usate per scolpire uno dei monumenti simbolo di Lecco: la statua di Alessandro Manzoni. Sorge in piazza Manzoni, trafficato crocevia che fa da spartiacque tra la zona pedonale e le principali arterie di attraversamento della città, e si staglia, manco a dirlo, contro il Resegone. L’opera, che raffigura lo scrittore seduto sul suo scanno in un atteggiamento assorto e meditabondo, è firmata dal Confalonieri. Viene inaugurata nel 1891 con un discorso di Gaetano Negri e la partecipazione di Giosuè Carducci, che per l’occasione pronuncia presso l’Hotel Croce di Malta il celebre “discorso di Lecco”, contribuendo così a sfatare la diceria di un’avversione del poeta per il romanziere lombardo. La scultura, alta quasi tre metri, poggia su un basamento di granito rosso di Baveno, alto a sua volta quattro metri e mezzo. Il supporto è adorno di tre altorilievi che rappresentano “Il rapimento di Lucia”, “La Morte di Don Rodrigo” ed “Il matrimonio dei Promessi”. Sul quarto lato della base, una corona d’alloro circonda gli stemmi di Lecco e d’Italia. Al tempo in cui viene eretto, il monumento troneggia al centro di una piazza percorsa solamente da carrozze, biciclette e pedoni. Per porre fine all’assedio del traffico – circolano fotografie di qualche decennio fa in cui le auto scorrazzano allegre a lato del povero Manzoni – la statua è protetta da una corona di verde solcata da un attraversamento pedonale. Don Lisander ringrazia.
Statua di Alessandro Manzoni
Piazza Manzoni
Lecco