074. Renzo scorge “l’ottava maraviglia”: il duomo di Milano - Grand Tour nel cuore della Lombardia

Renzo scorge “l’ottava maraviglia”: il duomo di Milano

Una volta lasciata Lecco in barca con Agnese e Lucia, Renzo procede verso Milano, dove giunge l’11 novembre 1628.  Le due donne si sono fermate a Monza. «Dopo la separazione dolorosa che abbiam raccontata, camminava Renzo da Monza verso Milano, in quello stato d’animo che ognuno può immaginarsi facilmente. Abbandonare la casa, tralasciare il mestiere, e quel ch’era più di tutto, allontanarsi da Lucia, trovarsi su una strada, senza saper dove anderebbe a posarsi; e tutto per causa di quel birbone! Quando si tratteneva col pensiero sull’una o sull’altra di queste cose, s’ingolfava tutto nella rabbia, e nel desiderio della vendetta; ma gli tornava poi in mente quella preghiera che aveva recitata anche lui col suo buon frate, nella chiesa di Pescarenico; e si ravvedeva: gli si risvegliava ancora la stizza; ma vedendo un’immagine sul muro, si levava il cappello, e si fermava un momento a pregar di nuovo: tanto che, in quel viaggio, ebbe ammazzato in cuor suo don Rodrigo, e risuscitatolo, almeno venti volte. La strada era allora tutta sepolta tra due alte rive, fangosa, sassosa, solcata da rotaie profonde, che, dopo una pioggia, divenivan rigagnoli; e in certe parti più basse, s’allagava tutta, che si sarebbe potuto andarci in barca. A que’ passi, un piccol sentiero erto, a scalini, sulla riva, indicava che altri passeggieri s’eran fatta una strada ne’ campi. Renzo, salito per un di que’ valichi sul terreno più elevato, vide quella gran macchina del duomo sola sul piano, come se, non di mezzo a una città, ma sorgesse in un deserto; e si fermò su due piedi, dimenticando tutti i suoi guai, a contemplare anche da lontano quell’ottava maraviglia, di cui aveva tanto sentito parlare fin da bambino. Ma dopo qualche momento, voltandosi indietro, vide all’orizzonte quella cresta frastagliata di montagne, vide distinto e alto tra quelle il suo Resegone, si sentì tutto rimescolare il sangue, stette lì alquanto a guardar tristamente da quella parte, poi tristamente si voltò, e seguitò la sua strada. A poco a poco cominciò poi a scoprir campanili e torri e cupole e tetti; scese allora nella strada, camminò ancora qualche tempo, e quando s’accorse d’esser ben vicino alla città, s’accostò a un viandante, e, inchinatolo, con tutto quel garbo che seppe, gli disse: di grazia, quel signore».

Possiamo supporre che, una volta lasciata Monza, Renzo sia passato per Sesto San Giovanni e Greco Pirelli e, seguendo più o meno quella che oggi è via Emilio De Marchi, abbia raggiunto via Melchiorre Gioia, allo sbocco del Naviglio della Martesana. Forse è proprio qui, all’altezza della Cassina de’ Pomm, che si ferma ad ammirare il Duomo all’orizzonte e a salutare nostalgicamente il “suo” Resegone. Ora è spaesato. Si avvicina a un viandante e gli chiede con cortesia quale strada conduca al convento di padre Bonaventura: l’uomo spiega a Renzo che per indirizzarlo dovrebbe sapere di che convento si tratta. Il giovane allora gli mostra la lettera avuta da fra Cristoforo. L’uomo legge Porta Orientale e mostra a Renzo la via per arrivarci. «Siete fortunato, bravo giovine; il convento che cercate è poco lontano di qui. Prendete per questa viottola a mancina: è una scorciatoia: in pochi minuti arriverete a una cantonata d’una fabbrica lunga e bassa: è il lazzaretto; costeggiate il fossato che lo circonda, e riuscirete a porta orientale. Entrate, e, dopo tre o quattrocento passi vedrete una piazzetta con de’ begli olmi: là è il convento: non potete sbagliare». Renzo segue le informazioni ricevute e in breve tempo si trova a Porta Orientale. Intanto in città è scoppiata una rivolta contro l’aumento del prezzo del pane.