071. Una Milano d’antan - Grand Tour nel cuore della Lombardia

Una Milano d’antan

Alessandro Manzoni nasce nel 1785 e muore nel 1873. La sua lunga esperienza terrestre abbraccia un periodo storico che va dalla Milano di Maria Teresa d’Austria e del Ducato, la soppressione di quest’ultimo avviene nel 1786, alla città che si annette i Corpi Santi – in sostanza tutte le cascine e i borghi agricoli che la coronano al di là delle Mura Spagnole e che fino al 1873 costituiscono un Comune a sé – e che, nel 1871, ospita la Prima Esposizione industriale nel Salone dei Giardini Pubblici. Quasi un secolo, durante il quale il volto e lo spirito di Milano mutano profondamente. Proviamo a ripercorrere alcune tappe di questa trasformazione urbana che scandiscono anche l’esistenza di Don Lisander.

Tre anni dopo la nascita di Alessandro Francesco Tommaso Antonio Manzoni, avvenuta nella casa di via San Damiano, oggi Visconti di Modrone 16, l’architetto Giuseppe Piermarini lascia Milano per tornare nella sua Foligno, dopo avere concorso all’edificazione e al rinnovamento di alcuni dei brani architettonici meneghini più iconici: il Teatro alla Scala, Palazzo Reale, Palazzo Belgioioso. È sempre lui a operare anche nella riforma del Palazzo Arcivescovile e suoi sono il portale di Brera, la facciata del Monte di Pietà, Palazzo Greppi, Palazzo Moriggi e altri edifici. Fuori città lavora alla Villa Reale di Monza. Il neoclassicismo milanese s’impone agli occhi dell’Europa e del mondo. Piermarini ha pure il compito di controllare l’edilizia cittadina, in pratica nessun progetto di nuova costruzione può attuarsi senza il suo consenso, traccia nuove strade e ne sistema di vecchie. Negli stessi anni altri architetti di valore lasciano la loro impronta in città: Simone Cantoni, per esempio, progetta Palazzo Serbelloni in Corso Porta Orientale, oggi Corso Venezia.

Questa è la Milano che accoglie il giovane Alessandro, vivace e intraprendente. Con l’arrivo dei Francesi, nel 1796, l’architettura segna una battuta d’arresto. Ma poco dopo, sulla spinta delle manie napoleoniche di grandezza, nasce l’idea di sistemare l’area attorno al Castello, il cosiddetto progetto Foro Bonaparte, e si pensa a costruire l’Arena. Opera del Canonica, allievo del Piermarini all’Accademia, l’anfiteatro è terminato nel 1807. Vi si tengono giochi ginnici, corse di bighe perfino naumachie allagando lo spazio riservato ai giochi con l’acqua del fossato che gira attorno agli spalti. Il “piano napoleonico” è audace. Si costruiscono l’arco di Porta Nuova e l’arco della Pace del Cagnola, a capo della grandiosa strada imperiale del Sempione. Nel 1814 è inaugurato l’arco trionfale di Porta Ticinese. Con la pace di Vienna e la restaurazione austriaca si interrompe l’esecuzione del programma voluto dal Bonaparte. L’architettura da fastosa e imperiale torna più semplice e dignitosa, ligia ai canoni accademici. A questo nuovo periodo appartengono molti palazzi eleganti e sobri, spesso accompagnati da cortili a colonne di granito di Baveno, che continuano una riconosciuta tradizione lombarda. Insieme ad essi, i più bei cortili d’Europa secondo Stendhal, altra ammirevole prerogativa delle case milanesi sono i giardini, che si moltiplicano con l’ampliarsi della città. Nel 1856 si provvede alla sistemazione dei giardini pubblici di Porta Orientale, opera di Giuseppe Balzaretto. L’ordinamento è all’inglese, con boschetti, alture, dirupi, cascate, uccelliere e un piccolo parco zoologico. Nel 1863 nasce il Politecnico originariamente denominato Regio Istituto Tecnico Superiore. Formerà gli ingegneri necessari alla giovane industria in sviluppo. Non farà infine in tempo Manzoni a vedere ultimata la Galleria Vittorio Emanuele II – soluzione urbanistica del Mengoni che in seguito sarà preso a modello quale espressione dell’Unità nazionale anche da altre città – il cui arco verso Piazza Duomo è scoperto nel gennaio 1878.