Clamori mondani oggi avvolgono questo spicchio di mondo. Il Lago di Como è già molto in voga agli inizi del Novecento, poi si è un po’ depresso. Da alcuni decenni, invece, è tornato “à la page” e i risultati si vedono. In tanti amano riscoprire un luogo che ha la prerogativa di non essere affollato e che è rimasto bello. Secondo alcuni la vera Italia si vede qui, non a Firenze o Venezia dove tutto ormai è artefatto. Poi, certo, a rilanciare il lago ha contribuito anche l’arrivo di alcune star che fanno parlare più della Regina Vittoria. Se la sponda occidentale è un susseguirsi di rinomate località, spesso impreziosite da sontuose ville circondate da verdeggianti parchi, quella orientale mantiene il sapore di un universo piccolo e antico che chiede lentezza e cautela nell’avvicinamento, per quel residuo di selvatichezza che ancora conserva. E che forse costituisce il profilo più seducente e più intimo del lago. Da Lecco si spalanca il grande scenario di “quel ramo” del Lario “smarrito in un andirivieni di montagne” che formano “due catene non interrotte”. Gran parte della riva lecchese è dominata dalle rupi scoscese e abbaglianti delle Grigne. Strette tra le solari sponde e i ripidi pendii dei monti, si animano ridenti cittadine, rinomate mete turistiche: Abbadia, Mandello, Lierna. Su una sottile striscia si stende l’abitato di Fiumelatte, attraversato dalla primavera all’autunno dall’omonimo fiumiciattolo. Poco sopra è il castello di Vezio, fortilizio da cui un tempo si sorveglia la borgata sottostante, Varenna. La cittadina è assai amena, con un reticolo di scalette che scendono al lago e una romantica passeggiata sulla riva. Imperdibile una visita a Villa Monastero, perfetto connubio fra uomo e natura. Sorto sulle rovine di un antico cenobio cistercense, l’edificio, oggi di proprietà della Provincia di Lecco, trasformato in Museo e sede di un Centro Convegni conosciuto a livello internazionale, è immerso in parco rigoglioso dove è possibile passeggiare fra filari di cipressi, cedri del Libano, siepi sempreverdi. Non manca neppure qualche tocco esotico con palme africane e americane, agavi, yucche, dracene, agrumi e oleandri, oltre ad alcune rarità botaniche quali l’Eritea armata, palma a grandi foglie argentee a forma di ventaglio e una ricca collezione di agrumi. Anche gli elementi architettonici che arredano il parco, statue, tempietti, vasi, vere da pozzo e fontane, concorrono a impreziosire l’intero luogo.
Risalendo la sponda si incontra Bellano, con il centro antico intersecato da vicoli e impreziosito da nobili edifici. L’autentica meraviglia della città è l’Orrido, scavato nelle acque del Pioverna. Ancora più a nord c’è Dervio, accampata sull’orlo dei burroni, secondo una felice descrizione di Cesare Cantù. E poi, ancora, fra i boschi della piccola penisola di Piona, l’Abbazia di San Nicolò, sorta nel 1138, in origine fondata dai cluniacensi, oggi ospita i monaci cistercensi. Riparata e discreta, l’insenatura di Piona richiama a pensieri di pace e serenità. Già si annunciano sullo sfondo le montagne della Valtellina, ma prima c’è l’ultima città della sponda lecchese, Colico, che sorge nella piana fra il Legnone e il punto in cui l’Adda si riversa nel lago per uscirne nuovamente a Lecco.
Colico è proprio lì, caput lacus, in capo al lago, come suggerisce una tra le ipotesi avanzate per spiegare l’origine del toponimo, con i suoi montecchi e le sue frazioni, ognuna con il suo campanile. Forte Montecchio Nord e Forte di Fuentes e la Torre di Fontanedo raccontano il passato di una zona di confine, tra vie di comunicazione. Forte Montecchio Nord, costruito tra il 1912 e il 1914 come difesa verso la Svizzera, è oggi la fortezza della Prima Guerra Mondiale meglio conservata in Europa. Forte di Fuentes, voluto nel Seicento da Pedro Enrìquez de Acevedo, Conte di Fuentes e Governatore dello Stato di Milano, è nei secoli crocevia di passaggi di truppe, spagnole, francesi e austriache. In tal senso costituisce uno dei pochi esempi ancora leggibili della dominazione spagnola raccontata dal Manzoni ne I promessi sposi. La medioevale Torre di Fontanedo, parte di un borgo fortificato che si trova in un bosco di castagni lungo la via di collegamento tra Lecco e la Valtellina, è per secoli punto di controllo, in particolare verso i territori a nord. I forti e la torre sono oggi gestiti dal Museo della Guerra Bianca e visitabili.
La sponda lecchese del Lario, in particolare lungo il Sentiero del Viandante, la strada medievale che si snoda lungo tutta la riviera orientale seguendo un’antica mulattiera per più di 60 chilometri, oggi il primo cammino italiano certificato dal Touring Club Italiano, offre anche l’occasione di compiere interessanti incursioni tra le testimonianze del romanico. È un modo per muoversi sulle tracce dei pellegrini che per secoli percorrono questi luoghi, dirigendosi attraverso la Valle San Giacomo, di là delle Alpi, nei grandi itinerari compostellani. Per i viandanti un tempo vengono predisposto punti di sosta e di ristoro, gli “hospitali”, la loro presenza è documentata a Mandello, Lierna, Bellano, a questi si affiancavano gli insediamenti monastici stabili che comprendevano l’abbazia di San Vincenzo a Abbadia Lariana, la casa degli Umiliati a Bellano, il monastero benedettino di San Nicola a Piona, la casa degli Umiliati a Dervio e il monastero di Santa Maria a Varenna. La “strada del viandante” ancora oggi racconta molto della storia di questi lembo di terra lombarda. A San Nicolò a Lecco la parte di romanico meglio conservata è la facciata meridionale del braccio più breve della croce che si chiama transetto. Prima di entrare a Mandello salendo per la strada provinciale, sollevando lo sguardo si può vedere la vetusta chiesetta di San Giorgio, adagiata su un poggio, che custodisce un importante ciclo di affreschi che rivestono le pareti della navata e il presbiterio. Sempre a Mandello merita una visita l’arcipretale di San Lorenzo, la matrice della millenaria pieve, con il suo bel campanile dal tronco romanico. Sul sentiero che sale verso le Grigne si incontra invece l’antico santuario di Santa Maria sopra Olcio, che già nel 1145 ha annesso un ospizio. Se me sta isolato a metà strada tra il lago e la montagna, ancora oggi carico della sua spiritualità povera ed essenziale. La “gentil Varenna” ospita la chiesa prepositurale dedicata a San Giorgio con l’austera facciata in pietra ornata da un gigantesco San Cristoforo con il mantello foderato di pelli d’ermellino. Sulla raccolta piazza principale del borgo lacustre, oltre a questa sono accolte altre tre chiese. Altra testimonianza di valore è rappresentata dalla chiesa prepositurale dei Santi Nazaro e Celso a Bellano con la facciata marmorea impreziosita da raffinati elementi scultorei. La suggestione dele antiche pietre è ancora palpabile a Dervio sia nella possente torre della rocca di Orezia sia nella rocca di Corenno Plinio, interessante esempio di castello-recinto. A questi si aggiunge il pregevole campanile della chiesa dei Santi Quirico e Giulitta con archetti e bifore. Sempre a Dervio, nella frazione di Corenno Plinio, merita attenzione la chiesa di San Tommaso di Canterbury con le tre arche sepolcrali trecentesche che caratterizzano il sagrato e preziosi affreschi di varie epoche.
In mezzo al lago, visibile quasi da ogni punto, si eleva dalle acque con il suo promontorio boscoso la stupefacente punta di Bellagio. Lo scenario è impareggiabile. Le alte palme dei giardini, il lago solcato dai motoscafi e sullo sfondo il dosso d’Avedo con la Villa del Balbianello, pare di essere in un romanzo di Francis Scott Fitzgerald. Centro turistico rinomato già nell’Ottocento, quando sorgono i primi grandi alberghi, è uno dei più conosciuti borghi italiani. Tra le sue perle architettoniche figurano Villa Serbelloni, splendida dimora secentesca edificata sulle rovine di un precedente castello andato distrutto, oggi sede di prestigiosi convegni internazionali nonché importante e prestigioso hotel, i turisti possono accedere alla parte esterna caratterizzata da incantevoli e curatissimi giardini, e Villa Melzi d’Eril, un tempo residenza di Francesco Melzi d’Eril, grande amico di Napoleone Bonaparte. Per realizzare il parco, il Melzi d’Eril chiama Luigi Canonica e Luigi Villoresi, che hanno già studiato il magico equilibrio vegetale del Parco Reale di Monza. Percorrendolo si passa dal laghetto di ninfee al chiostro in stile moresco con splendida veduta della cittadina, fino alla statua dedicata a Dante e Beatrice che pare abbia ispirato la Sonata a Dante di Liszt. Qui e là antiche statue affiancano alberi secolari. Dalla parte centrale del giardino si gode un’ampia vista del lago e di Villa Carlotta. Per la sua posizione al centro dei tre rami del lago è definita la Perla del Lario. La sua bellezza e il suo fascino non sono sfuggiti a registi e produttori cinematografici. Tante le pellicole girate qui, fra tutte ricordiamo che nel 1960 è Luchino Visconti a scegliere il lungolago di Bellagio, tra l’imbarcadero e l’allora funzionante Hotel Grande Bretagne, come sfondo per il bacio fra Annie Girardot e Renato Salvatori nella famosa pellicola Rocco e i suoi fratelli. Ancora oggi questo è uno dei pochi luoghi dove un uomo può ancora mostrarsi con un completo di lino bianco senza correre il rischio di essere scambiato per il cameriere e una donna può sfoggiare un cappello a larghe tese senza sembrare appena uscita da un matrimonio. Sembra sempre che da un momento all’altro arrivi il Grande Gatsby.