047. A spasso per Lecco - Grand Tour nel cuore della Lombardia

I lecchesi hanno fama di gente solida e pragmatica, ma circondati come sono da un incantevole scenario hanno imparato anche a non disdegnare i piaceri della vita. Il gran borgo de I promessi sposi è oggi una città moderna e dinamica. Certo, in alcuni scorci cittadini il tempo sembra essersi fermato, come nei villaggi sparsi sui pendii o nel piccolo borgo di Pescarenico, dove sopravvivono vicoli ombrosi, piazzette raccolte, case antiche, ma per avere un’idea di come si svolge la vita sulle sponde di questo ramo lacustre occorre camminare lungo l’arteria pedonale più vivace di Lecco, la centralissima via Roma, che congiunge piazza XX Settembre con piazza Manzoni. Qui si incontrano turisti mescolati ai residenti, che sono soliti percorrerla in su e in giù per lo shopping o per concedersi una pausa in piazza Garibaldi per prendere il caffè o l’aperitivo. Seduti ai tavolini del Caffè Unione o del Centrale, ammirano il viavai e parlano di sport, di politica, dei fatti propri. Non per nulla questa zona è stata ribattezzata il “cantun di ball” ovvero l’angolo delle chiacchiere.

Piazza Garibaldi ha origini abbastanza recenti, viene concepita all’interno del piano regolatore approvato nel 1830, voluto per dare ordine all’espansione della città, la cui popolazione era pressoché raddoppiata nell’arco di un decennio. La nuova Lecco è disegnata sul modello di un’approssimata scacchiera, prolungando gli assi delle vecchie contrade e valorizzando i preesistenti percorsi della Strada Imperiale del Tirolo, corrispondenti alle attuali via Cavour e via Roma, che non a caso continuano a rappresentare i cardini del centro cittadino, le arterie su cui si anima la vita sociale. All’incontro delle due strade è concepita una piazza lunga e stretta, successivamente intitolata a Garibaldi. Naturalmente con tanto di monumento, eretto nel 1884 ad opera di Enrico Confalonieri. E se una scultura dedicato all’eroe dei due mondi non ha nulla di originale, va però precisato che quella di Lecco è la seconda di tutto il Paese. Ma soprattutto va ricordato che il più popolare protagonista del Risorgimento italiano sosta più volte fra il 1859 e il 1866 all’Hotel Croce di Malta, che si trova proprio in questa piazza. L’edificio, posto all’angolo con via Cavour, oggi ha una diversa destinazione d’uso, ma una targa sulla facciata consegna a imperitura memoria il passaggio del celeberrimo ospite. Quale fondale dello spiazzo nel 1843 viene costruito il Teatro della Società, un edificio dal corpo aggettante, diviso da quattro lesene ioniche, con un porticato al piano terra e sormontato da un timpano. L’ala meridionale fu aggiunta successivamente da Attilio Bolla. La piccola ma sonora sala a palchi è inaugurata nel 1844 con l’Anna Bolena di Donizetti. Successivamente conosce stagioni straordinarie, come quelle promosse fra il 1865 e il 1881 da Antonio Ghislanzoni, mazziniano ardente, giornalista, poeta e romanziere, celebre autore di libretti d’opera, fra cui I Lituani per Ponchielli, I promessi sposi per Petrella, Fosca per Gomes, e soprattutto Aida per Verdi. Col grande compositore di Busseto collabora anche alle revisioni della Forza del destino e di Don Carlos. Sulla destra della piazza, guardando il “Sociale”, sorge l’imponente storico palazzo della Banca Popolare di Lecco, l’istituto di credito locale nato nel 1872. Sul lato opposto c’è Palazzo Falck, un altro brano eloquente della storia cittadina. Sorto nei primissimi anni del Novecento quale sede della Banca di Lecco, poi diventato sede della Banca d’Italia, oggi è la sede rappresentativa dell’Unione commercianti della provincia di Lecco.

Tornando sull’asse centrale di via Roma, si può proseguire fino alla piazza Manzoni, che fa da spartiacque tra la zona pedonale e le principali arterie di attraversamento della città. Attorno allo slargo trasformato in una trafficato crocevia, non s’affacciano edifici di particolare rilievo, ma al centro si erge uno dei monumenti simbolo di Lecco: la statua di Alessandro Manzoni, nume tutelare di questi luoghi, della quale parliamo più approfonditamente in altre parti del Grand Tour, quelle dedicate proprio a Don Lisander.

Difficile, quasi impossibile parlare di Lecco tacendo di “quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno”. Perché la città ha certamente più di un tratto caratteristico, ma uno sopra tutti gli altri s’impone: è profondamente segnata dallo spirito del Manzoni. E questo suo inscindibile legame

si traduce in un’impronta fortemente lombarda, in un carattere che si è nutrito al tempo stesso di concretezza e poesia. Il Lario s’incunea a golfo nel centro storico. Chi supera il ponte Kennedy e s’immette sulla trafficata via Leonardo Da Vinci, una volta raggiunta la città vecchia incontra il viale alberato che accompagna l’insenatura. La riva è guadagnata dall’abbassamento delle acque iniziato dagli Austriaci nel 1839. E lungo di essa è ricavato il lungolago. D’un tratto sulla destra s’apre Piazza Cermenati, ottenuta dall’abbattimento delle mura medievali. Dietro il marmo del geologo lecchese,

fondatore tra l’altro dell’Accademia Vinciana, una semplice quinta di case non ha cancellato le strutture delle vecchie osterie e dei fabbricati mercantili. Da qui parte la scalinata che porta a San Nicolò, la basilica principale della città, dedicata al patrono dei naviganti. La chiesa è sormontata dall’affilato campanile con cuspide neogotica, affettuosamente chiamato il “matitone”.

Piazza XX Settembre, la vecchia Piazza Grande, stretta e irregolare, munita di portici, allungata verso mezzodì, appare quasi come una continuazione di Piazza Cermenati. Il punto di contatto fra l’una e l’altra è il cosiddetto “Palazz di pagür” o Palazzo delle Paure, ricostruzione neogotica della vecchia Dogana di Lecco. Pare che l’edificio sia stato chiamato così perché un tempo vi erano riscosse le imposte. Seguono il varco nelle mura, detto il Portello, inglobato in un’elegante costruzione neoclassica della prima metà dell’Ottocento, quindi un complesso di edifici che occupano lo spazio del castello voluto da Azzone Visconti nel Trecento, perno della struttura difensiva del Ducato. Nel 1782, per volontà di Francesco Giuseppe, imperatore d’Austria, la fortezza e le mura a forma triangolare che cingono tutta la città sono abbattute. Rimane nell’angolo della piazza il grande mastio, la Torre merlata ampliata alla fine del Quattrocento. Trasformata in carcere nell’Ottocento e restaurata nel 1932, oggi ospita il Museo storico della città. Sul lato opposto della piazza si affacciano eleganti palazzi borghesi otto-novecenteschi, stilisticamente eterogenei, resi leggiadri da balconcini, finestre decorate e terrazzini ornati di verde. Un’idea dell’aspetto antico della piazza è suggerita dal gruppo di fabbricati fra cui si trova la casa natale di Antonio Stoppani, il geologo autore del celeberrimo volume intitolato Il Bel Paese. Tutta la fascia a contatto col lago, dalla Riva Maggiore, oggi Piazza Cermenati, a Piazza Grande, oggi Piazza XX Settembre, è fin da tempi antichi zona di mercato. Già gli Statuti viscontei regolamentano magazzini e banchetti, portici e balzelli. Nel Seicento l’accresciuta fama gli fa guadagnare l’appellativo di “piazza del buon mercato”. Perfino durante la terribile peste del 1630 il mercato rimane aperto, unico in tutto il Ducato. Nel primo Ottocento, su questa piazza della seta, del legname, dei formaggi e del ferro, perché non va dimenticato che in queste plaghe non si consuma la febbre dell’oro ma del ferro, si scambiano in ogni giornata mezzo milione di lire, una cifra altissima per l’epoca. Con l’avvento del nuovo millennio, il tradizionale mercato bisettimanale di Lecco viene trasferito altrove. Il suggestivo scorcio delle colorate bancarelle che scendono verso il lago è ormai consegnato all’imperitura memoria dei ritratti fotografici, ma attorno agli scambi consumati in questi spazi si è costruita una larga fetta della storia lecchese e lombarda.